mercoledì 20 gennaio 2021

Dobbiamo rivalutare Berlusconi?

Temo che il boyscout di Rignano riuscirà a farci rivalutare anche Silvio Berlusconi, a cui peraltro, col suo comportamento irresponsabile, ha già fornito un bell’assist, visto che Forza Italia nei sondaggi è data adesso al 10,6%, cioè in doppia cifra, livello cui era lontana da anni. Il boyscout, poiché è nato a Firenze, crede di essere una specie di erede di Machiavelli, ma per astuzia è un nano nei confronti del milanese Berlusconi. L’ex Cavaliere, che negli ultimi decenni è stato l’uomo più divisivo d’Italia, ha capito benissimo che in epoca di pandemia è bene assumere un atteggiamento conciliante, da “padre della patria”, non per il bene del “mio Paese”, come soleva dire un tempo, come se fosse solo il suo, ma per il proprio tornaconto personale e per poter coltivare con l’aiuto di Matteo Salvini e Giorgia Meloni il suo sogno di diventare presidente della Repubblica.

Quando scende sul terreno politico bevendo, a suo dire, “l’amaro calice”, che in realtà si rivelerà amarissimo per gli italiani, Berlusconi ha 58 anni. Qualcosa nella sua vita ha combinato. Ha fondato l’Edilnord e costruito Milano Due. Mi diceva Marcello Di Tondo, mio ex collega alla Pirelli, che è stato il suo braccio destro nella prima fase dell’ascesa imprenditoriale dell’allora Cavaliere: “C’era sempre qualcosa di visionario, di inverosimile, in quel che diceva Berlusconi. Ma poi io mi affacciavo alla finestra, vedevo tutti quei palazzi e mi dicevo ‘però tutto questo l’ha fatto lui’”. A Milano Due c’era una piccola emittente privata, controllata dalla Rizzoli, che trasmetteva solo per i condòmini. Berlusconi la comprò, la chiamò Telemilano e nel giro di pochissimi anni divenne la Fininvest, il più grande gruppo televisivo privato italiano. Che questo monopolio della Fininvest per dodici anni fosse del tutto illegittimo è fuori di discussione. Ma la responsabilità non è di Berlusconi, ma di chi lo ha lasciato fare, cioè del santissimo Bettino Craxi che, in cambio di 21 miliardi, gli fece una legge ad hoc. Quindi si può dire tutto il peggio possibile di Berlusconi – come noi, insieme ad altri, abbiamo fatto tante volte – ma nessuno può negare che nei suoi primi 58 anni di vita abbia lavorato sodo, sia pur con metodi discutibili e a volte criminosi (non è tema di questo articolo), dando lavoro a migliaia di persone. E tutto ciò partendo dal nulla perché, a differenza di Matteo Renzi che è figlio di suo padre, non aveva un genitore importante. Renzi appunto. Fino a 24 anni, quando entra stabilmente in politica, aveva fatto poco o nulla, scribacchiando per qualche giornale cattolico e curando per l’azienda di famiglia la gestione degli strilloni per La Nazione.

Ma anche altri protagonisti della vita politica di oggi hanno un curriculum professionale un pochino più consistente: Giuseppe Conte e Virginia Raggi, gli “incapaci” e “incompetenti” per definizione, hanno esercitato per parecchi anni come avvocati. Mentre il boyscout di Rignano è il classico “professionista della politica”, cioè uno che, secondo la classica e spietata definizione di Max Weber, “tende a fare della politica una duratura forma di guadagno”. Ovviamente questa situazione non riguarda solo Renzi, ma nella maggioranza dei casi è la condizione della classe politica in democrazia. La classe politica democratica è formata da persone che hanno come elemento di distinzione unicamente, e tautologicamente, quello di fare politica. Poiché non è necessaria alcuna qualità prepolitica,la sola qualità del “professionista” è di non averne alcuna, il che gli consente una straordinaria adattabilità e duttilità. Da qui il fenomeno del trasformismo che percorre tutta la storia dell’Italia unita, ma che oggi è particolarmente all’ordine del giorno con il premier Conte che pur di formare un governo è costretto ad aggirarsi con una rete acchiappafarfalle, come ha denunciato Giorgia Meloni nel suo discorso di lunedì alla Camera.

Io ho stima di Giorgia Meloni perché la sento animata da un’autentica passione, ma mi corre l’obbligo di ricordarle che uno dei suoi principali sodali, Silvio Berlusconi, non si limitava a fare ammiccamenti ai parlamentari, più semplicemente li comprava come fece con De Gregorio, pagato 3 milioni di euro perché passasse dall’Idv di Antonio Di Pietro al Popolo della Libertà, e che un altro suo sodale, Renato Brunetta, in un’intervista rilasciata dopo le elezioni politiche del marzo 2018, si diceva sicuro che la destra sarebbe andata al governo e al conduttore che gli faceva osservare che gli mancavano una sessantina di parlamentari, rispondeva ridacchiando “eheh, ci sono i ‘responsabili’”, cioè l’equivalente di quelli che oggi vengono chiamati “i costruttori”. Quindi Giorgia Meloni, che, sia pur appassionata, è a sua volta una professionista della politica, non può fare l’“anima bella” solo quando ad accalappiare parlamentari col retino da farfalle sono i suoi avversari e starsene muta, sorda e cieca, come la scimmietta del proverbio giapponese, quando a far lo stesso sono i suoi amici. 

lunedì 23 aprile 2018

Basta sciocchezze

Per riassumerlo con un francesismo, il senso dell’incarico conferito da Mattarella a Fico è questo: "Basta cazzate". Infatti il più deluso è proprio il Re della Cazzata: Matteo Salvini (almeno da quando l’altro Matteo è venuto a mancare all’affetto dei suoi cari). Il perimetro disegnato dal Quirinale per l’esplorazione del presidente della Camera è speculare a quello tracciato per quella della presidente del Senato. La Casellati doveva verificare la fattibilità di un’intesa fra i 5Stelle e tutto il centrodestra o una parte di esso (la Lega) ed è tornata al Colle con un pugno di mosche in mano: no del M5S a FI, no di FI al M5S e no della Lega al divorzio da FI.
Solo le cazzate di Salvini, sempre uguali dal 4 marzo:"Datemi qualche giorno e risolvo tutto io". Invece non può risolvere nulla. Berlusconi non darà mai appoggi esterni a governi che non controlla "manu militari", perché il concetto di "esterno" è incompatibile col suo Dna: non fai in tempo a dire esterno e te lo ritrovi subito interno, tipo supposta. E Salvini, se mollasse Berlusconi, retrocederebbe da leader di una coalizione al 37% a capo di un partito al 17; si attirerebbe addosso la guerra termonucleare dei giornali, delle tv e dei dossier del Partito Mediaset; e metterebbe a repentaglio tutta l’argenteria (a partire dalle giunte a guida leghista in Lombardia, in Veneto e da domenica in Friuli Venezia Giulia, che senza FI crollerebbero l’una dopo l’altra come birilli).
È comprensibile che finora Di Maio abbia lasciato aperto il forno leghista, per non dare a Salvini il pretesto di incolparlo della rottura: ma se continuasse a fingere di credere (che lo creda veramente non riusciamo neppure a immaginarlo) al divorzio fra Matteo e Silvio, diventerebbe un caso di autocirconvenzione di incapace. Anzi, di capace, vista l’abilità mostrata dal capo pentastellato in campagna elettorale e nella partita delle presidenze delle due Camere. Il gioco di Salvini è chiarissimo: continuare a sparare cazzate, ad annunciare svolte che non possono arrivare, a prospettare scenari, proposte e soluzioni irrealizzabili, a rimandare continuamente la palla in campo grillino per farsi dire di no e lasciare il cerino acceso in mano a Di Maio, accusandolo di bloccare tutto per la poltrona di Palazzo Chigi o per i suoi presunti "veti, diktat e litigi con Berlusconi" (così svilisce la pregiudiziale etica e penale antiberlusconiana, che lui e la sua truppa non possono proprio capire).
Il ras leghista infatti è l’unico leader che ha tutto da guadagnare e nulla da perdere da nuove elezioni presto: si mangerebbe un altro pezzo di FI, potrebbe consolidare la leadership sul centrodestra e recuperare un po’dei voti di destra finiti ai 5Stelle. Invece il M5S, più dura lo stallo e più si logora, perché ha vinto le elezioni con un picco storico molto difficile da replicare, specie se non riuscirà a tradurlo in un governo che cambi davvero qualcosa. Il tempo gioca a favore di Salvini e a sfavore di Di Maio (che, fra l’altro, è al suo secondo e ultimo mandato, se la legislatura durerà almeno un anno, mentre l’altro non ha fretta: fa politica da 22 anni e continuerà a farla per i prossimi 44).
Ora la mossa di Mattarella, che chiude il forno di centrodestra fra gli strilli di Salvini e apre quello di centrosinistra, toglie ogni alibi al partito che finora s’è comportato peggio: il Pd. Dopo aver governato per sette anni consecutivi con cani e porci (soprattutto porci), i renziani han simulato un’improvvisa quanto improbabile purezza schifando tutti gli altri: per loro, 5Stelle e Lega pari sono, mentre a B. riservano ben altro trattamento, e ci mancherebbe. Dopo aver imposto all’Italia (in combutta con FI e Lega) una legge elettorale proporzionale, hanno puntato al tanto peggio tanto meglio ritirandosi sull’Aventino e tradendo il principio cardine del proporzionale (le maggioranze si formano dopo il voto con coalizioni fra i partiti più vicini o meno lontani).
Dopo aver scritto le regole del gioco, hanno abbandonato la partita portandosi via il pallone, per impedire anche agli altri di giocarla. Per 50 giorni hanno rifiutato anche solo di parlare con i 5Stelle, che avevano presentato una squadra di ministri tutti di centrosinistra, un programma molto più compatibile con loro che con le destre e un leader che ha definito in tv il Pd "interlocutore privilegiato". Così Di Maio, non sapendo più con chi parlare nel Pd, ci ha provato con Salvini (che almeno risponde al telefono).
Allora i pidini han fatto gli offesi perché i 5Stelle li trattano alla pari della Lega e adesso intimano loro di chiudere subito quel forno per iniziare a dialogare. Ora che Mattarella incarica Fico di lavorare a un’intesa M5S-centrosinistra e Di Maio saluta Salvini, vedremo se le vergini violate del Nazareno dicono sul serio o bluffano. Ottima l’idea del presidente della Camera di mettere sul tavolo pochi punti compatibili con i programmi di M5S, Pd e LeU, e solo dopo parlare del premier e dei ministri (le figure "terze" sono vivamente sconsigliate: senza Di Maio e due ministri forti a garanzia di Pd e LeU, il governo volerebbe via al primo sbuffo di vento).
Pessimo invece il documento partorito dal prof. Della Cananea, incaricato di studiare concordanze e discordanze fra i programmi dei partiti. Forse per un equivoco, i 10 punti finali sono il distillato del niente che accomuna M5S, Pd e Lega. Ma nessuno (si spera) ha mai ipotizzato che i tre partiti governino insieme. Infatti il risultato è un semolino inodore, incolore, insapore e immangiabile (neppure un cenno a conflitti d’interessi, tv, prescrizione e anticorruzione) che pare scritto da Forlani per un governo balneare Rumor, non per un governo del cambiamento. Dialogare, negoziare e fare compromessi si chiama politica. Ma presentarsi al tavolo con le brache già calate si chiama suicidio.

sabato 21 maggio 2016

Forza Alessio (di Marco Travaglio ©)

Impazza sul web un video girato l’altro giorno all’Università di Catania, dove la ministra Maria Elena Boschi ha fatto tappa per propagandare la sua controriforma costituzionale. Il format era l’unico accettabile per la molto democratica ministra che, non avendo argomenti al di fuori del suo sorriso da spot del dentifricio, non regge i pareri contrari: il monologo. Al suo fianco, nel prestigioso ruolo di tappezzeria, le sagome cartonate del Magnifico Rettore e del Presidente della Scuola Superiore. Tutto, nel soliloquio compiaciuto della Madre Costituente –che si è trovata molto d’a c c o rdo con le sue proprie tesi e ha concluso, dopo ampio dibattito interiore, che la sua è la migliore delle riforme possibili –è filato liscio fino a quando ha sventuratamente preso la parola uno studente di 22 anni, Alessio Grancagnolo. Il giovanotto ha premesso che gli amici gli avevano caldamente consigliato di smussare il suo intervento, purgandolo di ogni accenno polemico verso la ministra e la sua “riforma”: lui però aveva deciso di esporlo così come l’aveva pensato, perché in una democrazia non bisogna avere paura di esprimere le proprie idee. La Boschi ha sfoderato il consueto sorriso di ordinanza, facendo buon viso a cattiva sorte e complimentandosi molto (“ti ringrazio per questo”): forse non sospettava che l’impunito padroneggiasse così bene l’argomento. In otto minuti fulminanti, Alessio le ha squadernato una per una tutte le forzature antidemocratiche del metodo seguito dal governo per imporre al Parlamento la nuova Costituzione e poi tutte le ragioni di merito che rendono l’Italicum incostituzionale come il Porcellum e la “riforma”della Carta indigeribile, pericolosa, pasticciata, dunque invotabile. Anche perché, checché se ne dica, finge di non toccare la prima parte della Costituzione, quella sulla forma di Stato e di governo, ma in realtà stravolge la nostra Repubblica parlamentare in premierato assoluto e senza contrappesi. Tutto quello che nei talk show, dov’è solita sorridere e parlarsi addosso, nessun sostenitore del No ha mai avuto il privilegio di dirle in faccia. A un certo punto, sopraffatta dall’analisi che demoliva pezzo per pezzo il suo capolavoro, scritto a quattro piedi con Verdini, la Boschi ha tentato di interromperlo (“Ho altri impegni, dopo”), ma lo studente ha continuato imperterrito. E, sul finale, s’è scusato ironicamente per aver disturbato il “tour promozionale” della madonna pellegrina renziana. Allora il Magnifico Rettore gli ha tolto la parola. Gli ha spiegato che già gli aveva fatto un favore a dargliela (“qui non è previsto il contraddittorio e chi non gradisce il format può anche non partecipare”) e soprattutto che nessuno deve permettersi di chiamare “tour promozionale” un tour promozionale. Per questo oggi abbiamo deciso di intervistare Alessio Grancagnolo e di tributargli il piccolo onore della nostra prima pagina. Non sappiamo per chi voti né come la pensi né quali giornali legga, ma sappiamo che è un ragazzo in gamba che ha osato sfidare il Potere con l’arma più efficace e temibile: la cultura. Alessio ha studiato (frequenta Giurisprudenza), si è informato e poi ha detto ciò che pensa in faccia alla ministra, senza timori reverenziali, libero dall’incultura autoritaria dell’ipse dixit che frena molti cittadini, soprattutto giovani, dall’uscire allo scoperto nel timore di chissà quali conseguenze, facendo dell’I t a li a un paese democraticamente immaturo e del popolo italiano un gregge di pecore anziché una comunità di cittadini. Averne, di Alessio. Parliamo di lui perché speriamo che altri seguano il suo esempio: che, insomma, di qui a ottobre, ovunque i piazzisti del Sì alla controriforma tenteranno di imbonire la gente, si ritrovino di fronte un Alessio che si alza in piedi, chiede educatamente la parola e poi smonta con la forza delle idee le loro balle. Il discorso di Alessio ricorda la fiaba del bambino che, al passaggio del sovrano in mutande, osa urlare “il re è nudo!”. Ma pure un altro video, divenuto anch’esso virale: quello di una giovane (anche se meno di lui) e timida (anche se meno di lui) dirigente periferica del Pd che il 21 marzo 2009 scosse la pallosa e sonnacchiosa assemblea nazionale dei Circoli del Partito. Anche lei si alzò in piedi e, dando del “lei”all’allora segretario Dario Franceschini, prima sorprese e poi conquistò la platea con un intervento iniziato fra il distratto brusio generale e finito in una standing ovation. La giovane donna impertinente contestò a una a una le magagne, gli inciuci, le ambiguità e le doppiezze del suo partito con un linguaggio fresco, diretto, sincero, senza lasciarsi intimidire dalle smorfie sempre più nervose e imbarazzate del politburo pidino assiso ai piedi del palco. Disse basta ai compromessi con B. che “h a nno costretto molti nostri elettori a votare Di Pietro per disperazione, perché gli abbiamo fatto fare da solo l’o p p o s izione su temi che ci appartengono, come il conflitto d’i n t eressi e la questione morale”. Invocò una legge sul testamento biologico contro le resistenze interne sui diritti civili e la laicità, perché “la Costituzione è chiara, basta quella”. Chiese che le candidature non calassero dall’alto, ma salissero dalla base. Aggiunse che “non possiamo non tassare i ricchi solo perché sono troppo pochi”. Dodici minuti di intervento interrotti da 35 applausi a scena aperta. Quella giovane donna si chiamava Debora Serracchiani e oggi, vicesegretario del Pd e governatore del Friuli-Venezia Giulia, dice e fa l’esatto contrario di ciò che diceva allora. Auguriamo di cuore ad Alessio di non fare la stessa fine.

mercoledì 11 novembre 2015

La lega non perdona...eh no !

Matteo Salvini è il capopartito più vecchio della Seconda Repubblica, anche se riesce inspiegabilmente a spacciarsi per il più nuovo: dei suoi 43 anni di vita, gli ultimi 23 li ha trascorsi a carico di noi contribuenti. Entrò in politica nel 1990, quattro anni prima del giurassico Berlusconi, senz’aver mai lavorato in vita sua (a parte qualche mese in un fast food Burghy, mentre frequentava svogliatamente il primo anno di università, corso di Storia alla Statale, dove in 4 anni regolari e in 16 fuoricorso non arrivò mai alla laurea). Da allora non ha mai mancato una poltrona, passando dall’una all’altra con grande agilità senza mai restare col culetto scoperto: segretario giovanile, cittadino, provinciale e nazionale della Lega, direttore di Radio Padania, consigliere comunale a Milano, deputato ed eurodeputato. La specialità della casa sono le balle a presa rapida: ne racconta a vagonate, selezionando quelle che funzionano meglio. Cioè quelle che suonano bene agli orecchi degli ignoranti(coloro che ignorano) che lo idolatrano e, per essere smentite, richiedono qualche minuto di attenzione e di concentrazione, cosa impossibile da chiedere ai suoi fan. Quando, per esempio, il Sciur Felpa dice che, se governasse lui, chiuderebbe i campi rom e rispedirebbe gli zingari “a casa loro”, tutti se la bevono anche perché sul posto non è mai presente qualcuno dotato di un minimo di competenza a ricordare che i rom e i sinti sono cittadini comunitari e non si possono espellere. O a domandare perché mai, se la soluzione è così semplice, la Lega ha governato l’Italia per 10 anni (con Roberto "Bobo" Maroni due volte ministro dell’Interno e Roberto Castelli alla Giustizia), la Lombardia per 11 anni, il Veneto per 16 anni e Milano per 20, e non s’è mai notato un esodo biblico di “zingari”. Anzi molti campi rom portano la firma di amministratori leghisti o di centrodestra appoggiati dalla Lega, così come i centri di accoglienza per immigrati tipo il Cara di Mineo, lascito indimenticabile del ministro Maroni. Idem per gli immigrati, che continuarono a immigrare indisturbati indipendentemente dal colore del governo. Idem per l’euro: la moneta unica –è il ritornello salviniano – “ci ha rovinati”; peccato che nel 2002, quando l’euro rimpiazzò la lira, al governo ci fossero FI, An e Lega che non fecero nulla contro il vero disastro: e cioè la truffa tutta italiana che dimezzò il potere d’acquisto con il raddoppio dei prezzi, ma non degli stipendi e delle pensioni. Ultimamente, quando la foto del piccolo profugo siriano Aylan morto sulla costa turca, gli ha sconsigliato di insistere sull’equazione profughi=clandestini= delinquenti, il Matteo padano s’è scatenato contro i magistrati cattivi che vogliono punire gli onesti cittadini solo perché sparano ai ladri: poi persino i suoi hanno capito che non siamo nel Far West e che c’è una bella differenza fra la legittima difesa di chi è minacciato di morte armi in pugno e chi prende la mira su un ladruncolo disarmato in fuga. Allora Salvini ha annunciato che avrebbe “bloccato l’Italia per tre giorni ”. Sappiamo com’è andata: hanno abboccato una dozzina di migliaia di persone (di più in piazza Maggiore a Bologna, domenica, non ce n’erano), che lui ha miracolosamente trasformato in 100 mila. E, nel lungo comizio scamiciato, non è riuscito a tirar fuori un’idea nemmeno a pagarla, a parte la constatazione sullo scarso quoziente intellettivo di Alfano: qualcuno potrebbe dire che  se fosse uno sveglio non sarebbe stato alleato della Lega fino al 2011. Intanto a Genova, al processo contro Bossi, Belsito & C. per la truffa allo Stato da 59 milioni sui rimborsi elettorali, detto anche “Lega Ladrona”, il Senatur(Bossi) ha chiamato in causa i suoi successori Maroni e Salvini, chiedendo a quest’ultimo di restituire 40 milioni di “corpo del reato” ancora nelle casse del Carroccio: 13,8 milioni di rimborsi non dovuti furono infatti incassati e spesi dalla Lega anche dopo le dimissioni di Bossi, in base a rendiconti falsi. Una furbata che puzza di ricettazione, e getta una luce sinistra sulla rinuncia proprio di Salvini a costituirsi parte civile. Ora, per parlar d’altro, lo Sciur Felpa(Salvini sempre) dice che “la giustizia fa schifo” perché i giudici hanno scarcerato i giovani appena arrestati per i disordini di Bologna. E Alfano, confermando il giudizio di Salvini, gli va dietro con una frase copiata da Franco Bracardi (“In galeraaaa!”) e dai poliziotteschi anni '60 con Maurizio Merli: “La polizia li arresta, i giudici li scarcerano”. La balla in stereo suona bene, non c’è che dire. Casomai a qualcuno che c’è cascato interessasse sapere perché i giovanotti sono già fuori un giorno dopo l’arresto, glielo spieghiamo noi: non per colpa dei giudici, ma dei politici di destra, centro e sinistra (Lega compresa) che da vent’anni approvano leggi demenziali per assicurare l’impunità a lorsignori spacciandola per “garantismo”. La custodia cautelare è stata modificata infinite volte, sempre per restringerla, fino alla legge Orlando di qualche mese fa (eccezionalmente non votata dalla Lega, ma da Alfano sì) che vieta ai magistrati di convertire un arresto in flagranza di reato in un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per chi è incensurato (come gli arrestati di Bologna) e dunque al processo avrà la sospensione condizionale della pena, cioè non finirà in carcere. Traduzione in italiano: i politici fanno le leggi per salvare dalla galera i loro amici, poi si meravigliano se si applicano a tutti. Se “la giustizia fa schifo”, è grazie a loro. Se lo scrivano bello grosso sulla fronte, o sulla felpa: “Faccio schifo”. 

lunedì 9 marzo 2015

La re-invasione coranica

Sono stanco dei buonisti, relativisti e islamofili nostrani che di fronte alle atrocità perpetrate dai terroristi islamici che sgozzano, decapitano, ardono vivi, massacrano i «nemici dell’islam», puntualmente si affrettano a scagionare l’islam, Allah, il Corano e Maometto e contemporaneamente ci autocolpevolizzano sostenendo che i cristiani sarebbero responsabili di crimini non meno efferati compiuti a partire dalle Crociate, così come gli ebrei (anche se non sono israeliani) avrebbero già quasi del tutto completato il genocidio dei palestinesi. Questo vero e proprio odio nei nostri stessi confronti si sta rivelando il colpo di grazia del tracollo della civiltà profondamente in crisi di quest’Europa sempre più scristianizzata e materialistica, con la prospettiva concreta della sua sottomissione alla dittatura islamica, in un contesto dove sussistono condizioni similari a quelle che portarono all’islamizzazione delle popolazioni delle sponde meridionali ed orientali del Mediterraneo dopo essere state al 99% cristiane per sette secoli (qua wikipedia ci viene fortemente in aiuto con le date). Dopo la morte di Maometto nel 632, gli eserciti islamici sbaragliarono rapidamente prima l’impero persiano nel 637, poi logorarono l’impero bizantino con la conquista di Siria e Palestina (633-640), Egitto (639-646), Gerusalemme (638). La conquista dell’Africa del Nord avvenne dal 647 al 763. Nel 711 iniziò l’occupazione della Spagna protrattasi per ben otto secoli fino al 1492. Nel 718 gli islamici si spinsero in Francia occupando Narbona, Tolosa (721), Nimes e Carcassonne(725),prima di essere fermati a Poitiers (732). In Italia i primi attacchi islamici alla Sicilia iniziarono nel 652 e il controllo stabile sulla Sicilia è durato fino al 1061, mentre solo nel 1190 finisce la presenza islamica nell’isola. Le incursioni islamiche raggiunsero la Sardegna,Amalfi, Gaeta,Napoli e Salerno,il Monferrato,la Riviera Ligure. Nell’813 gli islamici distrussero l’odierna Civitavecchia, avanzarono verso Roma e saccheggiarono la Basilica di San Pietro e la Basilica di San Paolo per due volte(la seconda nell’864).A Bari fondarono un Emirato islamico durato 25 anni a partire dall’847. La Storia ci dice che dalla morte di Maometto nel 632 fino a quando i cristiani cominciarono a reagire organizzando le Crociate a partire dal 1.096, ovvero 464 anni, gli islamici avevano già occupato con le guerre e una lunga scia di sangue le sponde orientale e meridionale del Mediterraneo, la Spagna,la Sicilia e avevano per due volte saccheggiato la Basilica di San Pietro a Roma. Ebbene oggi stiamo assistendo all’espansionismo del terrorismo islamico che occupa militarmente dei territori in Siria, Irak, Libia, Nigeria, Mali, Somalia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Indonesia e Filippine; alla crescente islamizzazione delle istituzioni civili in Turchia,Tunisia,Algeria e Marocco;alla presenza di terroristi islamici europei che sferrano attentati all’interno dell’Europa; alla diffusione di una rete sempre più capillare di moschee, scuole coraniche, tribunali sharaitici, enti assistenziali islamici, siti di propaganda jihadisti, centri studi e di formazione che condizionano le leggi secolari e ci impongono di non criticare l’islam, banche islamiche che supportano questa islamizzazione della nostra società. Eppure quest’Europa è sempre più tentennante su come reagire. Se dovessimo attendere non 464 anni ma anche soltanto 40 anni per deciderci ad intervenire per salvare quel che resterà di cristianità sulle altre sponde del Mediterraneo ma soprattutto per salvarci dal terrorismo e dall’invasione islamica all’interno stesso dell’Europa, sarà decisamente troppo tardi. Non esisteremo più né come società europea né come civiltà laica e liberale dalle radici cristiane. La nostra debolezza l’ha descritta in modo impeccabile monsignor Giuseppe Bernardini, vescovo di Smirne, quando il 13 ottobre 1999, ha raccontato che «durante un incontro ufficiale sul dialogo islamo-cristiano,un autorevole personaggio musulmano, rivolgendosi ai partecipanti cristiani, disse a un certo punto con calma e sicurezza: «Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo». C’è da crederci, perché il «dominio» è già cominciato con i petrodollari, usati non per creare lavoro nei Paesi poveri del Nord Africa e del Medio Oriente, ma per costruire moschee e centri culturali nei Paesi dell’immigrazione islamica, compresa Roma, centro della cristianità.Come non vedere in tutto questo un chiaro programma di espansione e di riconquista? È un fatto che termini come «dialogo», «giustizia », «reciprocità», o concetti come «diritti dell’uomo», «democrazia», hanno per i musulmani un significato completamente diverso dal nostro. Sappiamo tutti che bisogna distinguere la minoranza fanatica e violenta dalla maggioranza tranquilla e onesta,ma questa, a un ordine dato in nome di Allah o del Corano, marcerà sempre compatta e senza esitazioni. Ecco perché oggi più che mai è necessario conoscere il Corano. «O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni,essi sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro. In verità Allah non guida un popolo di ingiusti» (5, 51). «Vorrebbero che foste miscredenti come lo sono loro e allora sareste tutti uguali. Non sceglietevi amici tra loro, finché non emigrano per la causa di Allah. Ma se vi volgono le spalle, allora afferrateli e uccideteli ovunque li troviate » (4, 89). Sono decenni che la Chiesa promuove, legittima e difende il dialogo con i musulmani. Il risultato concreto è che i cristiani che rappresentavano il 30% della popolazione del Medio Oriente fino al 1945,oggi si sono assottigliati al 3% e continuano a subire un vero e proprio genocidio. Dico che è arrivato il momento di svegliarci dal sonno della ragione con cui ci siamo imposti di non conoscere la verità presente nel Corano, che per i musulmani è Allah stesso.Solo riscattando il nostro dovere di conoscere la verità del Corano potremo salvaguardare la nostra civiltà. Ma forse è già tardi.

lunedì 9 febbraio 2015

Christian Science: La malattia è un’illusione


Parliamo di sette guaritrici sulla falsa riga di "Striscia La Notizia" ? 
Facciamolo.


La malattia è soltanto un’illusione, un errore della mente che va corretto con la preghiera. È quanto sosteneva la fondatrice della più famosa delle sette guaritrici: la Scienza Cristiana. Scriveva Mary Baker Eddy nel 1875: “L’unica vera realtà è Dio. Per guarire dalle malattie è sufficiente cogliere tale verità, mediante la preghiera”. Ancora oggi Scienza e salute è il testo di riferimento per gli adepti che rifiutano la teoria dei germi e di conseguenza le cure della medicina ufficiale. È per questo motivo che Val Kilmer, l’Iceman rivale di Tom Cruise in Top Gun, a quanto dicono amici e parenti, sta rifiutando di farsi curare per un tumore alla gola che l’ha costretto a un intervento alla fine di gennaio. La sua fede per Christian Science gli impedirebbe di fatto di sottoporsi alle terapie, considerate dalla setta inutili, se non dannose. Oltre a Kilmer e il collega Robert Duvall, hanno fatto parte del movimento attori famosissimi come Joan Crawford, Doris Day, Mickey Rooney e Ginger Rogers. Figli di genitori devoti alla Chiesa di Cristo sono stati Robin Williams, Elizabeth Taylor, Audrey Hepburn, Henry Fonda e molti altri.

Christian Science appartiene alla famiglia “metafisica” dei nuovi movimenti religiosi. La sua missione dichiarata è quella di ripristinare il cristianesimo primitivo e il suo elemento perduto di guarigione: Gesù ha salvato non solo l’anima dal peccato ma anche il corpo dalla malattia. A conferma delle sue teorie, pubblica sul sito ufficiale – disponibile in 24 lingue diverse, compreso l’italiano – centinaia di video con testimonianze di guarigioni avvenute semplicemente seguendo gli insegnamenti della Chiesa Scientista. Con la preghiera – si legge – 80 mila persone hanno ritrovato la salute: Rick ha sconfitto il tumore, Sarah la depressione, Whitney addirittura ha recuperato la vista da un occhio danneggiato in un incidente. I video durano poco più di un minuto ciascuno, con primi piani che indugiano sui volti dei fedeli, presentati con il solo nome di battesimo. Una strategia di comunicazione efficace, semplice e diretta, senza imperfezioni. Un piccolo gioiello di marketing. Ma non finisce qui. È possibile partecipare ai servizi religiosi online o chiamando un numero verde, accorgimento per i più anziani, o per i poco avvezzi alle nuove tecnologie. A corredo di un simile impianto ci sono anche una rivista, The Christian Science Journal, il quotidiano Christian Science Monitor e una società editrice che stampa libri sul movimento e i suoi insegnamenti. Negli Stati Uniti sono disponibili 1200 reading rooms (stanze di lettura) gestite da volontari, aperte a chiunque abbia voglia di pregare o immergersi nella lettura dei testi religiosi. Uno degli elementi alla base della teologia di Christian Science sarebbe l’evil thinking che la fondatrice chiamava anche “magnetismo animale malefico”. Tale forza, secondo Eddy, può far ammalare coloro che ne vengono colpiti. Ne fu vittima il marito, morto a causa di questo “mesmerismo” pochi mesi dopo il matrimonio, quando lei aveva solo 23 anni. In un’intervista di quel periodo al Daily Boston Eddy raccontò che organizzava turni di ronde per proteggere la sua casa. A farne parte erano giovani studenti, noti anche come “lavoratori metafisici” che, con la loro attività mentale, cercavano di contrastare i pensieri malefici. Dal 1936, anno di massima espansione, il movimento si è andato riducendo. Negli Stati Uniti ad oggi si contano circa 10mila sedi e 100mila seguaci. 


Il rifiuto delle cure mediche ha procurato non pochi guai agli Scienziati Cristiani. Si stima che dalla fine dell’Ottocento agli ultimi anni 90 almeno 50 persone tra genitori e “medici” del movimento siano state processate per altrettante morti di bambini e adulti con accuse che variavano dalla mancata assistenza all’omi - cidio. In tutti i casi erano state negate le cure mediche, anche per malattie perfettamente curabili. Nonostante le numerose battaglie intraprese dalle associazioni di medici e pediatri americani, rimangono tuttora vaste zone degli States in cui vigono esenzioni dalle leggi per i fedeli scientisti, ottenute grazie all’in - cessante lavoro della lobby di Christian Science che agisce invocando il primo emendamento e minacciando di sospendere i finanziamenti. Come risultato, nel 2014, ben 37 stati prevedevano ancora tali esenzioni nel loro codice civile. Nel 1977 Matthew Swan, 16 mesi, morì per una meningite batterica a Detroit. I suoi genitori, che si lasciarono convincere a non rivolgersi ai medici, fondarono poi l’Associazione Children ’s healthcare is a legal duty , che si batte proprio per contrastare i casi di mancato soccorso ai bambini per motivi etici e religiosi. Tra il 1980 e il 1990 sette coppie di genitori furono processate: quattro vennero condannate, per gli altri ci fu l’assoluzione in appello perché ritenuti in buona fede nelle loro decisioni.

Nei giorni scorsi l’attore americano ha negato di avere un tumore e di essere stato operato. Il primo febbraio sulla sua pagina Facebook è comparso questo messaggio per rispondere alle preoccupazioni dei fan: “Di nuovo, nessun tumore, nessun intervento. Stiamo aspettando i risultati dei raggi-x e seguiremo i consigli del mio dottore, della mia famiglia e del practitioner di Christian Science quando avremo tutti i dati.
Val Kilmer, ammalato da tempo, secondo le indiscrezioni
Poi farò ciò che è meglio e tornerò prima che possiate buttare giù una colonna di gossip su un attore senza lavoro…”. È del giorno successivo invece il lungo sfogo contro Usa Today, colpevole di aver riportato le dichiarazioni della rappresentante della star Liz Rosenberg, che confermavano le voci sulla malattia. Accusando il quotidiano di fare gossip per vendere copie, l’attore ha smentito tutto, raccomandando ai suoi fan di fare riferimento alla pagina Facebook , unica fonte attendibile aggiornata da lui in persona. Tornando al sito l’attenzione viene attirata da un titolo: “Ancora nessuna guarigione? Zittisci l’Anticristo!”. Il link rimanda a una pagina che invita ad abbonarsi alla rivista online: 24 dollari al mese, con modalità di auto-rinnovo.

martedì 11 novembre 2014

Sallusti, che dire?

E' novembre e Alessandro Sallusti, direttore de "Il Giornale", si scopre fiero nemico del presidente (dimissionario?) Napolitano. “Del resto ci sarà un motivo se Forza Italia si rifiutò – cosa rara – di non votarlo alla sua prima elezione (la seconda non fa testo)”, argomenta nel suo editoriale. Eppure proprio nell’aprile del 2013, all’apparire del secondo mandato di Re Giorgio e della primavera, il direttore fioriva: “Per fortuna il presidente Napolitano ha accettato di tirar fuori l’Italia dal pantano. C’è da ringraziare il presidente”. Magnificava il Sallusti primaverile: “Il Quirinale da oggi non è più solo l’arbitro, ma è il ruolo operativo politico del Paese (…) E questo ci conforta”. Il Sallusti novembrino constata: “L’uomo è andato ben oltre i suoi compiti e i limiti stabiliti dalla Costituzione”. In aprile, dovevamo “ringraziare soprattutto il Pdl”. Ora che cadono le foglie “di danni ne ha fatti abbastanza”. Alessandro dovrebbe starsene zitto, per "incoerenza".