mercoledì 26 marzo 2014

Novartis, a pagamento!

Alcuni giorni fa scrissi della, secondo me, "collusione di parti nel business dei farmaci". Eccoci qua con la seconda, triste, puntata.  Infatti, visto che alla Novartis i soldi non mancano di certo, ieri il colosso del farmaco elvetico ha comprato una pagina intera sui principali quotidiani per fare un’apologia di se stessa dopo aver subito la multa di 180 milioni di euro (ruggito di una mosca, quisquiglie) dell’Antitrust sul presunto cartello con Roche. “Questa nota – si legge – ha lo scopo di chiarire numerose informazioni non corrette” che sono circolate in seguito all’accusa dell’Autorità “di presunte pratiche anti-concorrenziali” per commercializzare il Lucentis , cioè il farmaco più costoso per la cura della maculopatia (1000 euro per iniezione) contro l’analogo a basso costo Avastin (20 euro). Novartis ribadisce che farà ricorso al Tar “allo scopo di difendere la salute dei pazienti e rispettare il rigore applicato dalle autorità sanitarie” cioè Ema e Aifa “nel processo di valutazione e approvazione dei medicinali”. Qualche riga più sotto il colosso sottolinea che i due medicinali sono “diversi tra loro per struttura e caratteristiche biologiche": la molecola del Lucentis “è stata progettata per trattare patologie oculari” e per essere iniettata nell’occhio, mentre Avastin “è stato sviluppato e approvato esclusivamente per la somministrazione mediante infusione endovenosa e per il trattamento di patologie tumorali”. A settembre scorso l’Oms inserisce Avastin nell’elenco dei farmaci indispensabili per la vista. L’Aifa già nel 2007 lo mette “nella lista 648”, quella dei farmaci che possono essere prescritti dal medico sotto la sua responsabilità per la cura di malattie per le quali non sono esplicitamente registrati. Ma nel 2012 lo rimuove. Risultato: una mezza catastrofe. Lievita la spesa a carico del Ssn, crescono le liste d’attesa dei pazienti, molti dei quali fanno la spola in Austria o Slovenia. Nel resto d’Europa infatti Avastin continua a essere prescritto senza problemi. La nota conclude con belle parole: “Novartis è costantemente impegnata a garantire l’accesso alle terapie innovative, efficaci e sicure al più ampio numero di persone assicurando la sostenibilità economica attraverso la collaborazione con medici” e istituzioni. “Peccato che 100 mila pazienti hanno subito ritardi o interrotto la terapia” commenta Matteo Piovella, presidente della Società oftalmologica italiana (intervista reperibile in rete). E che nel 2009 Novartis impugna le delibere di Emilia Romagna e Veneto davanti ai rispettivi Tar in cui si autorizza l’acquisto del farmaco meno costoso per ovvie ragioni di spesa (la causa è passata alla Corte costituzionale che si esprimerà tra maggio e giugno). Intanto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin alla trasmissione "Mi manda Raitre" ha giurato di essere pronta a chiedere alle aziende il rimborso dei danni al Fondo sanitario nazionale se i rilievi dell’Antitrust verranno confermati. Vedremo.

martedì 25 marzo 2014

lunedì 24 marzo 2014

per quanto ancora ?

E' celebre la frase del Vico : "Corsi e ricorsi storici" oppure parafrasata "La storia si ripete".
Chi avesse una decina di minuti da impegnare legga questo:

giovedì 6 marzo 2014

Il business dei farmaci

Alcuni avranno seguito il nuovo avvicendamento "farmacologico" italiano: la mega-multa, il ricorso "and so on" come dicono gli inglesi. In breve: l’Autorità Antitrust accusa le due multinazionali del farmaco di aver fatto cartello per dividersi i vantaggi dalla vendita di entrambi i farmaci La Novartis possiede poco più del 33 per cento della Roche. Roche e Novartis, entrambe con sede in Svizzera, hanno respinto le accuse (chi l'avrebbe detto mai?) e hanno annunciato che faranno ricorso contro le sanzioni decise dall’Authority per la concorrenza. “Sono accuse infondate”, hanno detto. Non farò disquisizioni sul fatto ( chi mi conosce sa già che le reputo colpevoli) ma do seguito ad una intervista di una paziente qualunque.

Milano — Sono una testimone diretta dello scandalo Avastin-Lucentis e ho vissuto sulla mia pelle la terribile condizione di dover scegliere tra una cura molto costosa ma, mi avevano detto, più sicura ed efficace e una dai costi decisamente inferiori ma dall’esito incerto. Di mezzo c’era la mia vista, afflitta da una malattia che fino a Pasqua del 2010 non sapevo nemmeno cosa fosse: la maculopatia. Fino ad allora i miei problemi con la vista erano stati soltanto quelli “canonici” di una miopia, per quanto piuttosto elevata. La maculopatia non è una patologia che affligge soltanto in età senile, a me infatti è capitata a 40 anni, anche se sono gli anziani, effettivamente, i più colpiti (uno su tre dopo i 75 anni). Nel mio caso si è trattato di una maculopatia del tipo più aggressivo, “umida” in gergo medico, dovuta a una degenerazione miopica. Vedendo molto bene con l’occhio destro, non mi ero accorta subito di quel che stava accadendo all’occhio sinistro e quando mi decisi ad andare al Pronto soccorso Oftalmologico dell’Ospedale Fatebenefratelli, vedevo già un solo decimo, praticamente buio fitto. Mi dissero che era necessario intervenire immediatamente, perché il fattore tempo è fondamentale in questo tipo di maculopatia, nel senso che la malattia corre veloce verso la cecità e anche una settimana può fare la differenza. I medici del Fatebenefratelli mi spiegarono che da una manciata di anni esisteva una cura con un’iniezione intraoculare a base di due farmaci: il Lucentis, specifico per l’occhio e, mi venne detto più efficace e sicuro, e l’Avastin, farmaco nato per curare il tumore al colon, che però era off label, privo cioè dell’autorizzazione del Ministero della salute. La differenza tra i due stava anche nei costi decisamente differenti, 50 volte superiori per il Lucentis. Per operarmi con il Lucentis in una struttura privata avrei dovuto sborsare circa duemila euro. Mi trovai in grave difficoltà nel decidere cosa fare e oltretutto dovevo fare presto. Avevo già perso troppo tempo prezioso e non potevo più aspettare. Andai a chiedere un altro parere a un medico del Punto Raf, struttura del San Raffaele di Milano, dove nel 2002 mi ero operata con il laser per togliere la miopia. Lì un medico, a cui devo oggi il recupero della vista, mi disse che Avastin e Lucentis erano praticamente equivalenti e che anzi Avastin vantava migliori risultati e riscontri clinici anche perché, inizialmente, per 3-4 anni era stato l’unico ad essere utilizzato per le maculopatie in tutto il mondo. E che oltretutto negli Stati Uniti veniva utilizzato il solo Avastin. Disse anche che mi avrebbe operato due giorni dopo in una clinica di Bergamo, convenzionata col Sistema sanitario nazionale. E così feci. Nel giro di poche settimane avevo recuperato già molta vista e dopo qualche mese il mio occhio sinistro vedeva 8 decimi. A me era bastata una sola iniezione di Avastin e lo stesso fu anche due anni dopo quando la maculopatia attaccò l’occhio destro. Io oltretutto avevo un lavoro e una famiglia alle spalle che potevano sostenermi economicamente. Ma mi sono domandata come facessero gli anziani, i più colpiti da questa malattia invalidante, a sopportare i costi delle iniezioni con il Lucentis, considerato, oltretutto, che nel caso degli anziani quasi sempre sono necessarie più iniezioni, addirittura dieci o più, per sperare di vedere un miglioramento. Negare loro l’Avastin significa condannarli alla cecità, un fatto indegno di un sistema sanitario all’avanguardia come il nostro.

martedì 4 marzo 2014

Il grande equivoco

Dopo gli Oscar per i migliori film, ci vorrebbe un Oscaretto per i migliori commenti italiani agli Oscar. Provinciali, retorici, cialtroni. Un po’ come dopo le partite dei Mondiali quando vince l’Italia: il patriottismo ritrovato, l’orgoglio tricolore, il riscatto nazionale, l’ottimismo della volontà, la metafora del Paese che rinasce. Questa volta però, con l’Oscar a "La grande bellezza", c’è un di più: l’esultanza di chi s’è fermato al titolo, senza capire che è paradossale come tutto il film. Ecco: quello di Sorrentino è il miglior film straniero anche e soprattutto in Italia. Il Corriere fa dire al regista che “con me vince l’Italia”, ma è altamente improbabile che l’abbia solo pensato: infatti ha dedicato l’Oscar alla famiglia reale e artistica, al Cinema e agli idoli adolescenziali (compreso – che Dio lo perdoni –Maradona, inteso però come il fantasista del calcio, non del fisco). Eppure Johnny Riotta, sulla Stampa , vede nel film addirittura “un monito” e spera “che la vittoria riporti un po’ di ottimismo in giro da noi”. E perché mai? Pier Silvio Berlusconi, poveretto, compra pagine di giornali per salutare l’ “avventura meravigliosa” sotto il marchio Mediaset. Sallusti vede nell’Oscar a un film coprodotto e distribuito da Medusa la rivincita giudiziaria del padrone pregiudicato (per una storia di creste su film stranieri): “Ci son voluti gli americani, direi il mondo intero, per riconoscere che Mediaset non è l’associazione a delinquere immaginata dai magistrati”. “Oggi – scrive su Repubblica Daniela D’Antonio, moglie giornalista di Sorrentino – ho scoperto di avere tantissimi amici”. Infatti Renzi invita “Paolo per una chiacchierata a tutto campo”. Napolitano sente “l’orgoglio di un certo patriottismo” per un “film che intriga per la rappresentazione dell’oggi”. Contento lui. Alemanno, vaneggia di “investire nella bellezza di Roma e nel suo immenso patrimonio artistico”. Franceschini, ex ministro del governo Letta che diede un’altra sforbiciata al tax credit del cinema, sproloquia di un “Paese che vince quando crede nei suoi talenti” e di “iniezione di fiducia nell’Italia”. Fazio, reduce da un Sanremo di rara bruttezza dedicato alla bellezza, con raccapricciante scenografia color caco marcio, vuole “restituire” e “riparare la grande bellezza”. Il sindaco Marino rende noto di aver “detto a Paolo che lo aspetto a Roma a braccia aperte per festeggiare lui e il film, per il prestigio che ha donato alla nostra città e al nostro Paese”. Ma che film ha visto? È così difficile distinguere un film da una guida turistica di una associazione locale comunale? In realtà, come scrive Stenio Solinas su "Il Giornale" ieri, quello di Sorrentino “è il film più malinconico, decadente e reazionario degli ultimi anni, epitaffio a ciglio asciutto sulla modernità e i suoi disastri”. Il referto medico-legale in forma artistica di un Paese morto di futilità e inutilità, con una classe dirigente di scrittori che non scrivono, intellettuali che non pensano, poeti muti, giornalisti nani, imprenditori da buoncostume, chirurghi da botox, donne di professione “ricche”, cardinali debolucci sulla fede ma fortissimi in culinaria, mafiosi 2.0 che sembrano brave persone, politici inesistenti. Una fauna umanoide disperata e disperante che non crede e non serve a nulla, nessuno fa il suo mestiere, tutti parlano da soli anche in compagnia e passano da una festa all’altra per nascondersi il proprio funerale. Si salva solo chi muore, o fugge in campagna. È un mondo pieno di vuoto che non può permettersi neppure il registro del tragico: infatti rimane nel grottesco. Scambiare il film per un inno al rinascimento di Roma (peraltro sfuggito ai più) o dell’Italia significa non averlo visto o, peggio, non averci capito una mazza. Come se la Romania promuovesse Dracula a eroe nazionale e i film su Nosferatu a spot della rinascita transilvana. Per non sbagliare, stasera, visionerò "Machete", ed il seguito "Machete Kills".

lunedì 3 marzo 2014

Tonino La Qualunque

Tonino Gentile aveva ragione: “Io sono trasparente”. Tutto nella sua storia era chiaro e lampante: chi è Gentile, che cos’ha fatto a "L’Ora della Calabria", perché Alfano l’ha voluto sottosegretario e perché Renzi non poteva cacciarlo. Il nostro eroe è un ex craxiano poi berlusconiano ora alfaniano che controlla pacchetti di voti con i soliti metodi e ha sistemato l’intera famiglia nei posti pubblici che contano: il fratello Pino è assessore regionale ai Lavori pubblici; il fratello Raffaele è segretario della Uil; il fratello Claudio è alla Camera di commercio; il figlio Andrea è revisore dell’aeroporto di Lamezia e superconsulente dell’Asl (ora indagato per truffa, falso, abuso e associazione a delinquere: la notizia che non doveva uscire); la figlia Katya era vicesindaca di Cosenza, cacciata per una struttura affidata all’ex marito; la figlia Lory è stata assunta senza bando alla Fincalabra dallo stampatore che poi non ha stampato il giornale. Per tacere di nipoti e cugini, tutti piazzati fra l’Asl, la Camera di commercio e Sviluppo Italia. Al confronto Cetto La Qualunque è un dilettante.
...
Il lettore mi scusera': non ce la faccio a continuare. Troppo lo sdegno.

Gioventù bevuta

Mi vedo costretto ad approfondire il mio precedente articolo sulla NekNomination di qualche giorno fa. Sperando che chi deve capire (i "due piccolini" che conosco io), capisca. :-) Cercando su wikipedia e leggendo i dati O.N.A. (Osservatorio Nazionale Alcol) esco dati allarmanti e sconfortanti purtroppo.
Ed è per questo che ora linko un articolo esaustivo di Maria Novella De Luca:
Buon lettura.