tag:blogger.com,1999:blog-34093025128517350362024-02-21T02:48:32.059-08:00Un articolo al giorno sull'ItaliaSolid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.comBlogger74125tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-31114630498003845852021-01-20T23:52:00.001-08:002021-01-20T23:52:27.482-08:00Dobbiamo rivalutare Berlusconi?<p style="text-align: justify;">Temo che il boyscout di Rignano riuscirà a farci rivalutare anche Silvio Berlusconi, a cui peraltro, col suo comportamento irresponsabile, ha già fornito un bell’assist, visto che Forza Italia nei sondaggi è data adesso al 10,6%, cioè in doppia cifra, livello cui era lontana da anni. Il boyscout, poiché è nato a Firenze, crede di essere una specie di erede di Machiavelli, ma per astuzia è un nano nei confronti del milanese Berlusconi. L’ex Cavaliere, che negli ultimi decenni è stato l’uomo più divisivo d’Italia, ha capito benissimo che in epoca di pandemia è bene assumere un atteggiamento conciliante, da “padre della patria”, non per il bene del “mio Paese”, come soleva dire un tempo, come se fosse solo il suo, ma per il proprio tornaconto personale e per poter coltivare con l’aiuto di Matteo Salvini e Giorgia Meloni il suo sogno di diventare presidente della Repubblica.</p><p style="text-align: justify;">Quando scende sul terreno politico bevendo, a suo dire, “l’amaro calice”, che in realtà si rivelerà amarissimo per gli italiani, Berlusconi ha 58 anni. Qualcosa nella sua vita ha combinato. Ha fondato l’Edilnord e costruito Milano Due. Mi diceva Marcello Di Tondo, mio ex collega alla Pirelli, che è stato il suo braccio destro nella prima fase dell’ascesa imprenditoriale dell’allora Cavaliere: “C’era sempre qualcosa di visionario, di inverosimile, in quel che diceva Berlusconi. Ma poi io mi affacciavo alla finestra, vedevo tutti quei palazzi e mi dicevo ‘però tutto questo l’ha fatto lui’”. A Milano Due c’era una piccola emittente privata, controllata dalla Rizzoli, che trasmetteva solo per i condòmini. Berlusconi la comprò, la chiamò Telemilano e nel giro di pochissimi anni divenne la Fininvest, il più grande gruppo televisivo privato italiano. Che questo monopolio della Fininvest per dodici anni fosse del tutto illegittimo è fuori di discussione. Ma la responsabilità non è di Berlusconi, ma di chi lo ha lasciato fare, cioè del santissimo Bettino Craxi che, in cambio di 21 miliardi, gli fece una legge ad hoc. Quindi si può dire tutto il peggio possibile di Berlusconi – come noi, insieme ad altri, abbiamo fatto tante volte – ma nessuno può negare che nei suoi primi 58 anni di vita abbia lavorato sodo, sia pur con metodi discutibili e a volte criminosi (non è tema di questo articolo), dando lavoro a migliaia di persone. E tutto ciò partendo dal nulla perché, a differenza di Matteo Renzi che è figlio di suo padre, non aveva un genitore importante. Renzi appunto. Fino a 24 anni, quando entra stabilmente in politica, aveva fatto poco o nulla, scribacchiando per qualche giornale cattolico e curando per l’azienda di famiglia la gestione degli strilloni per La Nazione.</p><p style="text-align: justify;">Ma anche altri protagonisti della vita politica di oggi hanno un curriculum professionale un pochino più consistente: Giuseppe Conte e Virginia Raggi, gli “incapaci” e “incompetenti” per definizione, hanno esercitato per parecchi anni come avvocati. Mentre il boyscout di Rignano è il classico “professionista della politica”, cioè uno che, secondo la classica e spietata definizione di Max Weber, “tende a fare della politica una duratura forma di guadagno”. Ovviamente questa situazione non riguarda solo Renzi, ma nella maggioranza dei casi è la condizione della classe politica in democrazia. La classe politica democratica è formata da persone che hanno come elemento di distinzione unicamente, e tautologicamente, quello di fare politica. Poiché non è necessaria alcuna qualità prepolitica,la sola qualità del “professionista” è di non averne alcuna, il che gli consente una straordinaria adattabilità e duttilità. Da qui il fenomeno del trasformismo che percorre tutta la storia dell’Italia unita, ma che oggi è particolarmente all’ordine del giorno con il premier Conte che pur di formare un governo è costretto ad aggirarsi con una rete acchiappafarfalle, come ha denunciato Giorgia Meloni nel suo discorso di lunedì alla Camera.</p><p style="text-align: justify;">Io ho stima di Giorgia Meloni perché la sento animata da un’autentica passione, ma mi corre l’obbligo di ricordarle che uno dei suoi principali sodali, Silvio Berlusconi, non si limitava a fare ammiccamenti ai parlamentari, più semplicemente li comprava come fece con De Gregorio, pagato 3 milioni di euro perché passasse dall’Idv di Antonio Di Pietro al Popolo della Libertà, e che un altro suo sodale, Renato Brunetta, in un’intervista rilasciata dopo le elezioni politiche del marzo 2018, si diceva sicuro che la destra sarebbe andata al governo e al conduttore che gli faceva osservare che gli mancavano una sessantina di parlamentari, rispondeva ridacchiando “eheh, ci sono i ‘responsabili’”, cioè l’equivalente di quelli che oggi vengono chiamati “i costruttori”. Quindi Giorgia Meloni, che, sia pur appassionata, è a sua volta una professionista della politica, non può fare l’“anima bella” solo quando ad accalappiare parlamentari col retino da farfalle sono i suoi avversari e starsene muta, sorda e cieca, come la scimmietta del proverbio giapponese, quando a far lo stesso sono i suoi amici. </p>Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-61884201155132683362018-04-23T23:47:00.000-07:002018-04-23T23:47:12.256-07:00Basta sciocchezze<div style="text-align: justify;">
Per riassumerlo con un francesismo, il senso dell’incarico conferito da Mattarella a Fico è questo: "Basta cazzate". Infatti il più deluso è proprio il Re della Cazzata: Matteo Salvini (almeno da quando l’altro Matteo è venuto a mancare all’affetto dei suoi cari). Il perimetro disegnato dal Quirinale per l’esplorazione del presidente della Camera è speculare a quello tracciato per quella della presidente del Senato. La Casellati doveva verificare la fattibilità di un’intesa fra i 5Stelle e tutto il centrodestra o una parte di esso (la Lega) ed è tornata al Colle con un pugno di mosche in mano: no del M5S a FI, no di FI al M5S e no della Lega al divorzio da FI.</div>
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Solo le cazzate di Salvini, sempre uguali dal 4 marzo:"Datemi qualche giorno e risolvo tutto io". Invece non può risolvere nulla. Berlusconi non darà mai appoggi esterni a governi che non controlla "manu militari", perché il concetto di "esterno" è incompatibile col suo Dna: non fai in tempo a dire esterno e te lo ritrovi subito interno, tipo supposta. E Salvini, se mollasse Berlusconi, retrocederebbe da leader di una coalizione al 37% a capo di un partito al 17; si attirerebbe addosso la guerra termonucleare dei giornali, delle tv e dei dossier del Partito Mediaset; e metterebbe a repentaglio tutta l’argenteria (a partire dalle giunte a guida leghista in Lombardia, in Veneto e da domenica in Friuli Venezia Giulia, che senza FI crollerebbero l’una dopo l’altra come birilli).</div>
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È comprensibile che finora Di Maio abbia lasciato aperto il forno leghista, per non dare a Salvini il pretesto di incolparlo della rottura: ma se continuasse a fingere di credere (che lo creda veramente non riusciamo neppure a immaginarlo) al divorzio fra Matteo e Silvio, diventerebbe un caso di autocirconvenzione di incapace. Anzi, di capace, vista l’abilità mostrata dal capo pentastellato in campagna elettorale e nella partita delle presidenze delle due Camere. Il gioco di Salvini è chiarissimo: continuare a sparare cazzate, ad annunciare svolte che non possono arrivare, a prospettare scenari, proposte e soluzioni irrealizzabili, a rimandare continuamente la palla in campo grillino per farsi dire di no e lasciare il cerino acceso in mano a Di Maio, accusandolo di bloccare tutto per la poltrona di Palazzo Chigi o per i suoi presunti "veti, diktat e litigi con Berlusconi" (così svilisce la pregiudiziale etica e penale antiberlusconiana, che lui e la sua truppa non possono proprio capire).</div>
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Il ras leghista infatti è l’unico leader che ha tutto da guadagnare e nulla da perdere da nuove elezioni presto: si mangerebbe un altro pezzo di FI, potrebbe consolidare la leadership sul centrodestra e recuperare un po’dei voti di destra finiti ai 5Stelle. Invece il M5S, più dura lo stallo e più si logora, perché ha vinto le elezioni con un picco storico molto difficile da replicare, specie se non riuscirà a tradurlo in un governo che cambi davvero qualcosa. Il tempo gioca a favore di Salvini e a sfavore di Di Maio (che, fra l’altro, è al suo secondo e ultimo mandato, se la legislatura durerà almeno un anno, mentre l’altro non ha fretta: fa politica da 22 anni e continuerà a farla per i prossimi 44).</div>
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Ora la mossa di Mattarella, che chiude il forno di centrodestra fra gli strilli di Salvini e apre quello di centrosinistra, toglie ogni alibi al partito che finora s’è comportato peggio: il Pd. Dopo aver governato per sette anni consecutivi con cani e porci (soprattutto porci), i renziani han simulato un’improvvisa quanto improbabile purezza schifando tutti gli altri: per loro, 5Stelle e Lega pari sono, mentre a B. riservano ben altro trattamento, e ci mancherebbe. Dopo aver imposto all’Italia (in combutta con FI e Lega) una legge elettorale proporzionale, hanno puntato al tanto peggio tanto meglio ritirandosi sull’Aventino e tradendo il principio cardine del proporzionale (le maggioranze si formano dopo il voto con coalizioni fra i partiti più vicini o meno lontani).</div>
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Dopo aver scritto le regole del gioco, hanno abbandonato la partita portandosi via il pallone, per impedire anche agli altri di giocarla. Per 50 giorni hanno rifiutato anche solo di parlare con i 5Stelle, che avevano presentato una squadra di ministri tutti di centrosinistra, un programma molto più compatibile con loro che con le destre e un leader che ha definito in tv il Pd "interlocutore privilegiato". Così Di Maio, non sapendo più con chi parlare nel Pd, ci ha provato con Salvini (che almeno risponde al telefono).</div>
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Allora i pidini han fatto gli offesi perché i 5Stelle li trattano alla pari della Lega e adesso intimano loro di chiudere subito quel forno per iniziare a dialogare. Ora che Mattarella incarica Fico di lavorare a un’intesa M5S-centrosinistra e Di Maio saluta Salvini, vedremo se le vergini violate del Nazareno dicono sul serio o bluffano. Ottima l’idea del presidente della Camera di mettere sul tavolo pochi punti compatibili con i programmi di M5S, Pd e LeU, e solo dopo parlare del premier e dei ministri (le figure "terze" sono vivamente sconsigliate: senza Di Maio e due ministri forti a garanzia di Pd e LeU, il governo volerebbe via al primo sbuffo di vento).</div>
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Pessimo invece il documento partorito dal prof. Della Cananea, incaricato di studiare concordanze e discordanze fra i programmi dei partiti. Forse per un equivoco, i 10 punti finali sono il distillato del niente che accomuna M5S, Pd e Lega. Ma nessuno (si spera) ha mai ipotizzato che i tre partiti governino insieme. Infatti il risultato è un semolino inodore, incolore, insapore e immangiabile (neppure un cenno a conflitti d’interessi, tv, prescrizione e anticorruzione) che pare scritto da Forlani per un governo balneare Rumor, non per un governo del cambiamento. Dialogare, negoziare e fare compromessi si chiama politica. Ma presentarsi al tavolo con le brache già calate si chiama suicidio.</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-90510676444630638662016-05-21T02:24:00.002-07:002016-05-21T02:24:14.592-07:00Forza Alessio (di Marco Travaglio ©)<div style="text-align: justify;">
Impazza sul web un video girato l’altro giorno all’Università di Catania, dove la ministra Maria Elena Boschi ha fatto tappa per propagandare la sua controriforma costituzionale. Il format era l’unico accettabile per la molto democratica ministra che, non avendo argomenti al di fuori del suo sorriso da spot del dentifricio, non regge i pareri contrari: il monologo. Al suo fianco, nel prestigioso ruolo di tappezzeria, le sagome cartonate del Magnifico Rettore e del Presidente della Scuola Superiore. Tutto, nel soliloquio compiaciuto della Madre Costituente –che si è trovata molto d’a c c o rdo con le sue proprie tesi e ha concluso, dopo ampio dibattito interiore, che la sua è la migliore delle riforme possibili –è filato liscio fino a quando ha sventuratamente preso la parola uno studente di 22 anni, Alessio Grancagnolo. Il giovanotto ha premesso che gli amici gli avevano caldamente consigliato di smussare il suo intervento, purgandolo di ogni accenno polemico verso la ministra e la sua “riforma”: lui però aveva deciso di esporlo così come l’aveva pensato, perché in una democrazia non bisogna avere paura di esprimere le proprie idee. La Boschi ha sfoderato il consueto sorriso di ordinanza, facendo buon viso a cattiva sorte e complimentandosi molto (“ti ringrazio per questo”): forse non sospettava che l’impunito padroneggiasse così bene l’argomento. In otto minuti fulminanti, Alessio le ha squadernato una per una tutte le forzature antidemocratiche del metodo seguito dal governo per imporre al Parlamento la nuova Costituzione e poi tutte le ragioni di merito che rendono l’Italicum incostituzionale come il Porcellum e la “riforma”della Carta indigeribile, pericolosa, pasticciata, dunque invotabile. Anche perché, checché se ne dica, finge di non toccare la prima parte della Costituzione, quella sulla forma di Stato e di governo, ma in realtà stravolge la nostra Repubblica parlamentare in premierato assoluto e senza contrappesi. Tutto quello che nei talk show, dov’è solita sorridere e parlarsi addosso, nessun sostenitore del No ha mai avuto il privilegio di dirle in faccia. A un certo punto, sopraffatta dall’analisi che demoliva pezzo per pezzo il suo capolavoro, scritto a quattro piedi con Verdini, la Boschi ha tentato di interromperlo (“Ho altri impegni, dopo”), ma lo studente ha continuato imperterrito. E, sul finale, s’è scusato ironicamente per aver disturbato il “tour promozionale” della madonna pellegrina renziana. Allora il Magnifico Rettore gli ha tolto la parola. Gli ha spiegato che già gli aveva fatto un favore a dargliela (“qui non è previsto il contraddittorio e chi non gradisce il format può anche non partecipare”) e soprattutto che nessuno deve permettersi di chiamare “tour promozionale” un tour promozionale. Per questo oggi abbiamo deciso di intervistare Alessio Grancagnolo e di tributargli il piccolo onore della nostra prima pagina. Non sappiamo per chi voti né come la pensi né quali giornali legga, ma sappiamo che è un ragazzo in gamba che ha osato sfidare il Potere con l’arma più efficace e temibile: la cultura. Alessio ha studiato (frequenta Giurisprudenza), si è informato e poi ha detto ciò che pensa in faccia alla ministra, senza timori reverenziali, libero dall’incultura autoritaria dell’ipse dixit che frena molti cittadini, soprattutto giovani, dall’uscire allo scoperto nel timore di chissà quali conseguenze, facendo dell’I t a li a un paese democraticamente immaturo e del popolo italiano un gregge di pecore anziché una comunità di cittadini. Averne, di Alessio. Parliamo di lui perché speriamo che altri seguano il suo esempio: che, insomma, di qui a ottobre, ovunque i piazzisti del Sì alla controriforma tenteranno di imbonire la gente, si ritrovino di fronte un Alessio che si alza in piedi, chiede educatamente la parola e poi smonta con la forza delle idee le loro balle. Il discorso di Alessio ricorda la fiaba del bambino che, al passaggio del sovrano in mutande, osa urlare “il re è nudo!”. Ma pure un altro video, divenuto anch’esso virale: quello di una giovane (anche se meno di lui) e timida (anche se meno di lui) dirigente periferica del Pd che il 21 marzo 2009 scosse la pallosa e sonnacchiosa assemblea nazionale dei Circoli del Partito. Anche lei si alzò in piedi e, dando del “lei”all’allora segretario Dario Franceschini, prima sorprese e poi conquistò la platea con un intervento iniziato fra il distratto brusio generale e finito in una standing ovation. La giovane donna impertinente contestò a una a una le magagne, gli inciuci, le ambiguità e le doppiezze del suo partito con un linguaggio fresco, diretto, sincero, senza lasciarsi intimidire dalle smorfie sempre più nervose e imbarazzate del politburo pidino assiso ai piedi del palco. Disse basta ai compromessi con B. che “h a nno costretto molti nostri elettori a votare Di Pietro per disperazione, perché gli abbiamo fatto fare da solo l’o p p o s izione su temi che ci appartengono, come il conflitto d’i n t eressi e la questione morale”. Invocò una legge sul testamento biologico contro le resistenze interne sui diritti civili e la laicità, perché “la Costituzione è chiara, basta quella”. Chiese che le candidature non calassero dall’alto, ma salissero dalla base. Aggiunse che “non possiamo non tassare i ricchi solo perché sono troppo pochi”. Dodici minuti di intervento interrotti da 35 applausi a scena aperta. Quella giovane donna si chiamava Debora Serracchiani e oggi, vicesegretario del Pd e governatore del Friuli-Venezia Giulia, dice e fa l’esatto contrario di ciò che diceva allora. Auguriamo di cuore ad Alessio di non fare la stessa fine.</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-75515711523716536032015-11-11T02:19:00.000-08:002015-11-11T02:22:09.924-08:00La lega non perdona...eh no !<div style="text-align: justify;">
Matteo Salvini è il capopartito più vecchio della Seconda Repubblica, anche se riesce inspiegabilmente a spacciarsi per il più nuovo: dei suoi 43 anni di vita, gli ultimi 23 li ha trascorsi a carico di noi contribuenti. Entrò in politica nel 1990, quattro anni prima del giurassico Berlusconi, senz’aver mai lavorato in vita sua (a parte qualche mese in un fast food Burghy, mentre frequentava svogliatamente il primo anno di università, corso di Storia alla Statale, dove in 4 anni regolari e in 16 fuoricorso non arrivò mai alla laurea). Da allora non ha mai mancato una poltrona, passando dall’una all’altra con grande agilità senza mai restare col culetto scoperto: segretario giovanile, cittadino, provinciale e nazionale della Lega, direttore di Radio Padania, consigliere comunale a Milano, deputato ed eurodeputato. La specialità della casa sono le balle a presa rapida: ne racconta a vagonate, selezionando quelle che funzionano meglio. Cioè quelle che suonano bene agli orecchi degli ignoranti(coloro che ignorano) che lo idolatrano e, per essere smentite, richiedono qualche minuto di attenzione e di concentrazione, cosa impossibile da chiedere ai suoi fan. Quando, per esempio, il Sciur Felpa dice che, se governasse lui, chiuderebbe i campi rom e rispedirebbe gli zingari “a casa loro”, tutti se la bevono anche perché sul posto non è mai presente qualcuno dotato di un minimo di competenza a ricordare che i rom e i sinti sono cittadini comunitari e non si possono espellere. O a domandare perché mai, se la soluzione è così semplice, la Lega ha governato l’Italia per 10 anni (con Roberto "Bobo" Maroni due volte ministro dell’Interno e Roberto Castelli alla Giustizia), la Lombardia per 11 anni, il Veneto per 16 anni e Milano per 20, e non s’è mai notato un esodo biblico di “zingari”. Anzi molti campi rom portano la firma di amministratori leghisti o di centrodestra appoggiati dalla Lega, così come i centri di accoglienza per immigrati tipo il Cara di Mineo, lascito indimenticabile del ministro Maroni. Idem per gli immigrati, che continuarono a immigrare indisturbati indipendentemente dal colore del governo. Idem per l’euro: la moneta unica –è il ritornello salviniano – “ci ha rovinati”; peccato che nel 2002, quando l’euro rimpiazzò la lira, al governo ci fossero FI, An e Lega che non fecero nulla contro il vero disastro: e cioè la truffa tutta italiana che dimezzò il potere d’acquisto con il raddoppio dei prezzi, ma non degli stipendi e delle pensioni. Ultimamente, quando la foto del piccolo profugo siriano Aylan morto sulla costa turca, gli ha sconsigliato di insistere sull’equazione profughi=clandestini= delinquenti, il Matteo padano s’è scatenato contro i magistrati cattivi che vogliono punire gli onesti cittadini solo perché sparano ai ladri: poi persino i suoi hanno capito che non siamo nel Far West e che c’è una bella differenza fra la legittima difesa di chi è minacciato di morte armi in pugno e chi prende la mira su un ladruncolo disarmato in fuga. Allora Salvini ha annunciato che avrebbe “bloccato l’Italia per tre giorni ”. Sappiamo com’è andata: hanno abboccato una dozzina di migliaia di persone (di più in piazza Maggiore a Bologna, domenica, non ce n’erano), che lui ha miracolosamente trasformato in 100 mila. E, nel lungo comizio scamiciato, non è riuscito a tirar fuori un’idea nemmeno a pagarla, a parte la constatazione sullo scarso quoziente intellettivo di Alfano: qualcuno potrebbe dire che se fosse uno sveglio non sarebbe stato alleato della Lega fino al 2011. Intanto a Genova, al processo contro Bossi, Belsito & C. per la truffa allo Stato da 59 milioni sui rimborsi elettorali, detto anche “Lega Ladrona”, il Senatur(Bossi) ha chiamato in causa i suoi successori Maroni e Salvini, chiedendo a quest’ultimo di restituire 40 milioni di “corpo del reato” ancora nelle casse del Carroccio: 13,8 milioni di rimborsi non dovuti furono infatti incassati e spesi dalla Lega anche dopo le dimissioni di Bossi, in base a rendiconti falsi. Una furbata che puzza di ricettazione, e getta una luce sinistra sulla rinuncia proprio di Salvini a costituirsi parte civile. Ora, per parlar d’altro, lo Sciur Felpa(Salvini sempre) dice che “la giustizia fa schifo” perché i giudici hanno scarcerato i giovani appena arrestati per i disordini di Bologna. E Alfano, confermando il giudizio di Salvini, gli va dietro con una frase copiata da <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Bracardi" target="_blank">Franco Bracardi</a> (“In galeraaaa!”) e dai poliziotteschi anni '60 con Maurizio Merli: “La polizia li arresta, i giudici li scarcerano”. La balla in stereo suona bene, non c’è che dire. Casomai a qualcuno che c’è cascato interessasse sapere perché i giovanotti sono già fuori un giorno dopo l’arresto, glielo spieghiamo noi: non per colpa dei giudici, ma dei politici di destra, centro e sinistra (Lega compresa) che da vent’anni approvano leggi demenziali per assicurare l’impunità a lorsignori spacciandola per “garantismo”. La custodia cautelare è stata modificata infinite volte, sempre per restringerla, fino alla legge Orlando di qualche mese fa (eccezionalmente non votata dalla Lega, ma da Alfano sì) che vieta ai magistrati di convertire un arresto in flagranza di reato in un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per chi è incensurato (come gli arrestati di Bologna) e dunque al processo avrà la sospensione condizionale della pena, cioè non finirà in carcere. Traduzione in italiano: i politici fanno le leggi per salvare dalla galera i loro amici, poi si meravigliano se si applicano a tutti. Se “la giustizia fa schifo”, è grazie a loro. Se lo scrivano bello grosso sulla fronte, o sulla felpa: “Faccio schifo”. </div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-27323089534874489802015-03-09T03:53:00.000-07:002015-03-09T03:53:16.573-07:00La re-invasione coranica<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Sono stanco dei buonisti, relativisti e islamofili nostrani che di fronte alle atrocità perpetrate dai terroristi islamici che sgozzano, decapitano, ardono vivi, massacrano i «nemici dell’islam», puntualmente si affrettano a scagionare l’islam, Allah, il Corano e Maometto e contemporaneamente ci autocolpevolizzano sostenendo che i cristiani sarebbero responsabili di crimini non meno efferati compiuti a partire dalle Crociate, così come gli ebrei (anche se non sono israeliani) avrebbero già quasi del tutto completato il genocidio dei palestinesi. Questo vero e proprio odio nei nostri stessi confronti si sta rivelando il colpo di grazia del tracollo della civiltà profondamente in crisi di quest’Europa sempre più scristianizzata e materialistica, con la prospettiva concreta della sua sottomissione alla dittatura islamica, in un contesto dove sussistono condizioni similari a quelle che portarono all’islamizzazione delle popolazioni delle sponde meridionali ed orientali del Mediterraneo dopo essere state al 99% cristiane per sette secoli (qua wikipedia ci viene fortemente in aiuto con le date). Dopo la morte di Maometto nel 632, gli eserciti islamici sbaragliarono rapidamente prima l’impero persiano nel 637, poi logorarono l’impero bizantino con la conquista di Siria e Palestina (633-640), Egitto (639-646), Gerusalemme (638). La conquista dell’Africa del Nord avvenne dal 647 al 763. Nel 711 iniziò l’occupazione della Spagna protrattasi per ben otto secoli fino al 1492. Nel 718 gli islamici si spinsero in Francia occupando Narbona, Tolosa (721), Nimes e Carcassonne(725),prima di essere fermati a Poitiers (732). In Italia i primi attacchi islamici alla Sicilia iniziarono nel 652 e il controllo stabile sulla Sicilia è durato fino al 1061, mentre solo nel 1190 finisce la presenza islamica nell’isola. Le incursioni islamiche raggiunsero la Sardegna,Amalfi, Gaeta,Napoli e Salerno,il Monferrato,la Riviera Ligure. Nell’813 gli islamici distrussero l’odierna Civitavecchia, avanzarono verso Roma e saccheggiarono la Basilica di San Pietro e la Basilica di San Paolo per due volte(la seconda nell’864).A Bari fondarono un Emirato islamico durato 25 anni a partire dall’847. La Storia ci dice che dalla morte di Maometto nel 632 fino a quando i cristiani cominciarono a reagire organizzando le Crociate a partire dal 1.096, ovvero 464 anni, gli islamici avevano già occupato con le guerre e una lunga scia di sangue le sponde orientale e meridionale del Mediterraneo, la Spagna,la Sicilia e avevano per due volte saccheggiato la Basilica di San Pietro a Roma. Ebbene oggi stiamo assistendo all’espansionismo del terrorismo islamico che occupa militarmente dei territori in Siria, Irak, Libia, Nigeria, Mali, Somalia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Indonesia e Filippine; alla crescente islamizzazione delle istituzioni civili in Turchia,Tunisia,Algeria e Marocco;alla presenza di terroristi islamici europei che sferrano attentati all’interno dell’Europa; alla diffusione di una rete sempre più capillare di moschee, scuole coraniche, tribunali sharaitici, enti assistenziali islamici, siti di propaganda jihadisti, centri studi e di formazione che condizionano le leggi secolari e ci impongono di non criticare l’islam, banche islamiche che supportano questa islamizzazione della nostra società. Eppure quest’Europa è sempre più tentennante su come reagire. Se dovessimo attendere non 464 anni ma anche soltanto 40 anni per deciderci ad intervenire per salvare quel che resterà di cristianità sulle altre sponde del Mediterraneo ma soprattutto per salvarci dal terrorismo e dall’invasione islamica all’interno stesso dell’Europa, sarà decisamente troppo tardi. Non esisteremo più né come società europea né come civiltà laica e liberale dalle radici cristiane. La nostra debolezza l’ha descritta in modo impeccabile monsignor Giuseppe Bernardini, vescovo di Smirne, quando il 13 ottobre 1999, ha raccontato che «durante un incontro ufficiale sul dialogo islamo-cristiano,un autorevole personaggio musulmano, rivolgendosi ai partecipanti cristiani, disse a un certo punto con calma e sicurezza: «<b>Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo</b>». C’è da crederci, perché il «dominio» è già cominciato con i petrodollari, usati non per creare lavoro nei Paesi poveri del Nord Africa e del Medio Oriente, ma per costruire moschee e centri culturali nei Paesi dell’immigrazione islamica, compresa Roma, centro della cristianità.Come non vedere in tutto questo un chiaro programma di espansione e di riconquista? È un fatto che termini come «dialogo», «giustizia », «reciprocità», o concetti come «diritti dell’uomo», «democrazia», hanno per i musulmani un significato completamente diverso dal nostro. Sappiamo tutti che bisogna distinguere la minoranza fanatica e violenta dalla maggioranza tranquilla e onesta,ma questa, a un ordine dato in nome di Allah o del Corano, marcerà sempre compatta e senza esitazioni. Ecco perché oggi più che mai è necessario conoscere il Corano. «O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni,essi sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro. In verità Allah non guida un popolo di ingiusti» (5, 51). «Vorrebbero che foste miscredenti come lo sono loro e allora sareste tutti uguali. Non sceglietevi amici tra loro, finché non emigrano per la causa di Allah. Ma se vi volgono le spalle, allora afferrateli e uccideteli ovunque li troviate » (4, 89). Sono decenni che la Chiesa promuove, legittima e difende il dialogo con i musulmani. Il risultato concreto è che i cristiani che rappresentavano il 30% della popolazione del Medio Oriente fino al 1945,oggi si sono assottigliati al 3% e continuano a subire un vero e proprio genocidio. Dico che è arrivato il momento di svegliarci dal sonno della ragione con cui ci siamo imposti di non conoscere la verità presente nel Corano, che per i musulmani è Allah stesso.Solo riscattando il nostro dovere di conoscere la verità del Corano potremo salvaguardare la nostra civiltà. Ma forse è già tardi.</span></div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-57227171603057101832015-02-09T02:45:00.001-08:002015-02-09T03:09:50.294-08:00Christian Science: La malattia è un’illusione<br />
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Parliamo di sette guaritrici sulla falsa riga di "Striscia La Notizia" ? </span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Facciamolo.</span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">La malattia è soltanto un’illusione, un errore della mente che va corretto con la preghiera. È quanto sosteneva la fondatrice della più famosa delle sette guaritrici: la Scienza Cristiana. Scriveva Mary Baker Eddy nel 1875: “L’unica vera realtà è Dio. Per guarire dalle malattie è sufficiente cogliere tale verità, mediante la preghiera”. Ancora oggi Scienza e salute è il testo di riferimento per gli adepti che rifiutano la teoria dei germi e di conseguenza le cure della medicina ufficiale. È per questo motivo che Val Kilmer, l’Iceman rivale di Tom Cruise in Top Gun, a quanto dicono amici e parenti, sta rifiutando di farsi curare per un tumore alla gola che l’ha costretto a un intervento alla fine di gennaio. La sua fede per Christian Science gli impedirebbe di fatto di sottoporsi alle terapie, considerate dalla setta inutili, se non dannose. Oltre a Kilmer e il collega Robert Duvall, hanno fatto parte del movimento attori famosissimi come Joan Crawford, Doris Day, Mickey Rooney e Ginger Rogers. Figli di genitori devoti alla Chiesa di Cristo sono stati Robin Williams, Elizabeth Taylor, Audrey Hepburn, Henry Fonda e molti altri.</span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Christian Science appartiene alla famiglia “metafisica” dei nuovi movimenti religiosi. La sua missione dichiarata è quella di ripristinare il cristianesimo primitivo e il suo elemento perduto di guarigione: Gesù ha salvato non solo l’anima dal peccato ma anche il corpo dalla malattia. A conferma delle sue teorie, pubblica sul sito ufficiale – disponibile in 24 lingue diverse, compreso l’italiano – centinaia di video con testimonianze di guarigioni avvenute semplicemente seguendo gli insegnamenti della Chiesa Scientista. Con la preghiera – si legge – 80 mila persone hanno ritrovato la salute: Rick ha sconfitto il tumore, Sarah la depressione, Whitney addirittura ha recuperato la vista da un occhio danneggiato in un incidente. I video durano poco più di un minuto ciascuno, con primi piani che indugiano sui volti dei fedeli, presentati con il solo nome di battesimo. Una strategia di comunicazione efficace, semplice e diretta, senza imperfezioni. Un piccolo gioiello di marketing. Ma non finisce qui. È possibile partecipare ai servizi religiosi online o chiamando un numero verde, accorgimento per i più anziani, o per i poco avvezzi alle nuove tecnologie. A corredo di un simile impianto ci sono anche una rivista, The Christian Science Journal, il quotidiano Christian Science Monitor e una società editrice che stampa libri sul movimento e i suoi insegnamenti. Negli Stati Uniti sono disponibili 1200 reading rooms (stanze di lettura) gestite da volontari, aperte a chiunque abbia voglia di pregare o immergersi nella lettura dei testi religiosi. Uno degli elementi alla base della teologia di Christian Science sarebbe l’evil thinking che la fondatrice chiamava anche “magnetismo animale malefico”. Tale forza, secondo Eddy, può far ammalare coloro che ne vengono colpiti. Ne fu vittima il marito, morto a causa di questo “mesmerismo” pochi mesi dopo il matrimonio, quando lei aveva solo 23 anni. In un’intervista di quel periodo al Daily Boston Eddy raccontò che organizzava turni di ronde per proteggere la sua casa. A farne parte erano giovani studenti, noti anche come “lavoratori metafisici” che, con la loro attività mentale, cercavano di contrastare i pensieri malefici. Dal 1936, anno di massima espansione, il movimento si è andato riducendo. Negli Stati Uniti ad oggi si contano circa 10mila sedi e 100mila seguaci. </span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Il rifiuto delle cure mediche ha procurato non pochi guai agli Scienziati Cristiani. Si stima che dalla fine dell’Ottocento agli ultimi anni 90 almeno 50 persone tra genitori e “medici” del movimento siano state processate per altrettante morti di bambini e adulti con accuse che variavano dalla mancata assistenza all’omi - cidio. In tutti i casi erano state negate le cure mediche, anche per malattie perfettamente curabili. Nonostante le numerose battaglie intraprese dalle associazioni di medici e pediatri americani, rimangono tuttora vaste zone degli States in cui vigono esenzioni dalle leggi per i fedeli scientisti, ottenute grazie all’in - cessante lavoro della lobby di Christian Science che agisce invocando il primo emendamento e minacciando di sospendere i finanziamenti. Come risultato, nel 2014, ben 37 stati prevedevano ancora tali esenzioni nel loro codice civile. Nel 1977 Matthew Swan, 16 mesi, morì per una meningite batterica a Detroit. I suoi genitori, che si lasciarono convincere a non rivolgersi ai medici, fondarono poi l’Associazione Children ’s healthcare is a legal duty , che si batte proprio per contrastare i casi di mancato soccorso ai bambini per motivi etici e religiosi. Tra il 1980 e il 1990 sette coppie di genitori furono processate: quattro vennero condannate, per gli altri ci fu l’assoluzione in appello perché ritenuti in buona fede nelle loro decisioni.</span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Nei giorni scorsi l’attore americano ha negato di avere un tumore e di essere stato operato. Il primo febbraio sulla sua pagina Facebook è comparso questo messaggio per rispondere alle preoccupazioni dei fan: “Di nuovo, nessun tumore, nessun intervento. Stiamo aspettando i risultati dei raggi-x e seguiremo i consigli del mio dottore, della mia famiglia e del practitioner di Christian Science quando avremo tutti i dati.</span><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://a2.files.biography.com/image/upload/c_fill,dpr_1.0,g_face,h_300,q_80,w_300/MTE1ODA0OTcxODM1MDk4NjM3.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><img border="0" src="http://a2.files.biography.com/image/upload/c_fill,dpr_1.0,g_face,h_300,q_80,w_300/MTE1ODA0OTcxODM1MDk4NjM3.jpg" /></span></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Val Kilmer, ammalato da tempo, secondo le indiscrezioni</span></td></tr>
</tbody></table>
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Poi farò ciò che è meglio e tornerò prima che possiate buttare giù una colonna di gossip su un attore senza lavoro…”. È del giorno successivo invece il lungo sfogo contro Usa Today, colpevole di aver riportato le dichiarazioni della rappresentante della star Liz Rosenberg, che confermavano le voci sulla malattia. Accusando il quotidiano di fare gossip per vendere copie, l’attore ha smentito tutto, raccomandando ai suoi fan di fare riferimento alla pagina Facebook , unica fonte attendibile aggiornata da lui in persona. Tornando al sito l’attenzione viene attirata da un titolo: “Ancora nessuna guarigione? Zittisci l’Anticristo!”. Il link rimanda a una pagina che invita ad abbonarsi alla rivista online: 24 dollari al mese, con modalità di auto-rinnovo.</span></div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-11581979553412452342014-11-11T03:03:00.000-08:002014-11-11T03:03:03.717-08:00Sallusti, che dire?<div style="text-align: justify;">
E' novembre e Alessandro Sallusti, direttore de "Il Giornale", si scopre fiero nemico del presidente (dimissionario?) Napolitano. “Del resto ci sarà un motivo se Forza Italia si rifiutò – cosa rara – di non votarlo alla sua prima elezione (la seconda non fa testo)”, argomenta nel suo editoriale. Eppure proprio nell’aprile del 2013, all’apparire del secondo mandato di Re Giorgio e della primavera, il direttore fioriva: “Per fortuna il presidente Napolitano ha accettato di tirar fuori l’Italia dal pantano. C’è da ringraziare il presidente”. Magnificava il Sallusti primaverile: “Il Quirinale da oggi non è più solo l’arbitro, ma è il ruolo operativo politico del Paese (…) E questo ci conforta”. Il Sallusti novembrino constata: “L’uomo è andato ben oltre i suoi compiti e i limiti stabiliti dalla Costituzione”. In aprile, dovevamo “ringraziare soprattutto il Pdl”. Ora che cadono le foglie “di danni ne ha fatti abbastanza”. Alessandro dovrebbe starsene zitto, per "incoerenza".</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-90583767075782047942014-10-29T05:55:00.001-07:002014-10-29T05:55:27.122-07:00Bonanni, la coerenza<div style="text-align: justify;">
Un segretario generale del secondo sindacato italiano che guadagna 336 mila euro l’anno costituisce una curiosità. Soprattutto se non è chiaro come ha guadagnato quella cifra. Se quel segretario si chiama Raffaele Bonanni, poi, la curiosità si dilata al quadrato. La cifra è superiore al tetto per i grandi manager di Stato (240 mila), pericolosamente vicina a quei grandi dirigenti contro cui Bonanni ha spesso puntato il dito. E spiega più chiaramente il motivo delle sue dimissioni anticipate dalla segreteria della Cisl, piombate all'improvviso nella vita del sindacato cattolico e nel dibattito politico e sindacale. Raffaele Bonanni avrebbe dovuto lasciare la segreteria della Cisl, a cui era stato eletto nel 2006, fra pochi mesi. Eppure il 24 settembre scorso decise di anticipare la sua uscita. Stanchezza politica, si è scritto, oppure indisponibilità a essere additato come il rappresentante di una storia vecchia e conservatrice, quella sindacale, secondo il copione redatto dal premier Matteo Renzi. Ma forse, anche il frutto di una faida interna alla Cisl fatta di lettere anonime, velate minacce, dossier che sono passati nelle mani dei vari dirigenti. Uno di questi dossier è pubblico e racconta una storia beffarda, fatta di un aumento vertiginoso dello stipendio dell’ex segretario proprio a ridosso dell’anno in cui, il 2011, decide di andare in pensione. Beneficiando così a pieno del sistema retributivo ed evitando di finire nelle maglie della imminente riforma Fornero. Il dato sulla pensione di Bonanni è stato già reso noto. L’ex sindacalista, infatti, percepisce dal marzo 2012 la pensione (numero 36026124) dall'importo lordo di 8.593 euro al mese. Al netto delle trattenute si tratta di 5.391,50 euro mensili. Qualcosa che nessun lavoratore medio si può permettere. Nei giorni dell’addio alla segreteria, Bonanni ha giustificato tali importi sempre allo stesso modo: si tratta del frutto di 46 anni di lavoro dipendente, con contributi regolarmente versati, quindi niente di speciale. Inoltre, va ricordato, Bonanni è riuscito a sfuggire, grazie all’anzianità lavorativa, alle modifiche operate nel 1995 dalla riforma Dini che introdusse il sistema contributivo, quello poi esteso a tutti i lavoratori dalla riforma Fornero. Sistema basato sul principio: “Tanti contributi hai versato, tanto sarà l’assegno pensionistico”. Con il sistema retributivo, invece, la pensione si calcolava sulla base della media degli ultimi anni di retribuzione: cinque anni prima della riforma Dini, casistica in cui Bonanni rientra in quanto a quella data aveva superato ampiamente le 18 annualità contributive richieste. Su questo particolare scatta la vicenda di cui stiamo dando conto. Il sindacalista, oggi senza incarichi pubblici, viene eletto segretario generale della Cisl nel 2006. Fino a quella data era segretario confederale e guadagnava meno di 80 mila euro lordi l'anno. 75.223 nel 2003, 77.349 nel 2004 e 79.054 nel 2005. Quando diventa segretario generale, secondo il regolamento interno alla Cisl, il suo stipendio viene incrementato del 30%. Quindi, secondo le regole interne, avrebbe dovuto guadagnare circa 100 mila euro lordi annui. Nel 2006, la Cisl dichiara all’Inps una retribuzione lorda, ai fini contributivi, di 118.186 euro. Un po’ più alta di quella prevista ma non di molto. Le stranezze devono giungere con gli anni seguenti. Nel 2007, infatti, la retribuzione complessiva dichiarata all'Inps è di 171.652 euro lordi annui. Che aumenta ancora nel 2008: 201.681 annui. L’evoluzione è spettacolare, gli incrementi retributivi di Bonanni sono stati del 45% e poi del 17%. Ma la progressione continua: nel 2009, la retribuzione è di 255.579 (+26%), nel 2010 sale “di poco” a 267.436 (+4%) mentre nel 2011 schizza a 336.260 con un aumento del 25%. Siamo alla vigilia della domanda di pensione che, dicono i suoi critici, Bonanni riesce a presentare prima del varo della riforma Fornero. E così, beneficiando di una carriera contributiva davvero ampia – 46 anni – e potendosi basare sulle ultime cinque retribuzioni d’oro riesce a conquistare una cifra nemmeno lontanamente sognata da qualunque altro sindacalista. Prendiamo l’esempio di un “pari grado” di cui molti quotidiani si sono già occupati (Il Fatto e Repubblica almeno che io ricordi), Guglielmo Epifani. La sua pensione è di “soli” 3.400 euro mensili netti anch’essi peraltro frutto di uno scatto improvviso di 800 euro al mese maturato nel 2005 alla vigilia di presentare la domanda pensionistica. Anche qui, gli ultimi cinque anni sono stati utilizzati per alzare la retribuzione senza che il Comitato direttivo della Cgil ne sapesse nulla. E qui c'è il punto che spiega, forse, la fuoriuscita improvvisa dalla Cisl di Bonanni. Chi ha deciso questi scatti, questi aumenti progressivi? La Cisl preferisce non commentare. Quando Bonanni si dimise il sindacato di via Po si limitò a ricordare che negli ultimi anni il segretario aveva percepito degli arretrati, la liquidazione del fondo pensione integrativo (che quindi si aggiunge all’assegno dell'Inps) e altri benefit legati alla sua retribuzione. Questi emolumenti, però, non figurano nella retribuzione ai fini Inps e comunque non avrebbero potuto essere così ampi. Negli ultimi cinque anni, infatti, Bonanni ha percepito un ammontare complessivo di 1.230 mila euro invece dei 600 mila spettanti secondo il regolamento. Il doppio. Sentito dal Fatto Quotidiano , l’ex segretario Cisl ha preferito non rilasciare dichiarazioni (non rispondere equivale a volte ad una risposta). Nella Cisl la discussione proseguirà sotto traccia, forse.</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-58112444533544294582014-08-01T01:43:00.002-07:002014-08-01T01:43:34.918-07:00E' vero, serve la riforma della giustizia e delle cariche istituzionali<div style="text-align: justify;">
Ora che le telefonate di un premier alla Questura di Milano per far rilasciare una minorenne fermata per furto non sono più reato, una domanda sorge spontanea: che ci fa Fabrizio Corona nel carcere milanese di massima sicurezza di Opera per scontarvi un cumulo di condanne a 13 anni e 8 mesi, poi ridotte con la continuazione a 9 anni? È normale che un quarantenne che non ha mai torto un capello a nessuno marcisca in prigione accanto ai boss mafiosi al 41bis, per giunta col divieto di curarsi e rieducarsi, fino al 50° compleanno? Lo domandiamo al capo dello Stato, così sensibile alle sorti di pregiudicati potenti come il colonnello americano Joseph Romano, condannato a 7 anni per un reato molto più grave di tutti quelli commessi da Corona: il sequestro di Abu Omar, deportato dalla base Nato di Aviano a quella di Ramstein e di lì tradotto al Cairo per essere a lungo torturato. Latitante negli Usa, senz'aver mai scontato né rischiato un minuto di galera, Romano fu graziato nel 2013 su richiesta di Obama da Napolitano in barba alle regole dettate dalla Consulta nel 2006. Queste: la grazia dev’essere un atto “eccezionale” ispirato a una “ratio umanitaria ed equitativa” volta ad “attenuare l’applicazione della legge penale in tutte quelle ipotesi nelle quali essa confligge con il più alto sentimento della giustizia sostanziale”, cioè per “attuare i valori costituzionali... garantendo soprattutto il ‘senso di umanità’ cui devono ispirarsi tutte le pene” e “il profilo di ‘rieducazione’ proprio della pena”. (come wikipedia insegna) Parole che paiono cucite addosso a Corona. Il suo spropositato cumulo di pene è frutto di una serie di condanne: bancarotta (una fattura falsa, 3 anni 8 mesi), possesso di 1500 euro di banconote false (1 anno 6 mesi), corruzione di un agente penitenziario per farsi qualche selfie in cella (1 anno 2 mesi), tentata estorsione “fotografica” al calciatore interista Adriano (1 anno 5 mesi), estorsione “fotografica” allo juventino Trezeguet (5 anni), e alcune minori. Nessuno sostiene, per carità, che sia uno stinco di santo. Ma neppure un demonio che meriti tutti quegli anni di galera: ne ha già scontati quasi due fra custodia cautelare ed espiazione pena. Ed è bene che resti al fresco un altro po’ a meditare sui suoi errori, come ha iniziato a fare fondando un giornale per i detenuti, Liberamente , e rivedendo criticamente il suo passato nel libro Mea culpa scritto dietro le sbarre. E a curare la sua evidente patologia di superomismo: ma questo gli è impedito dalla condanna “ostativa” subìta al processo Trezeguet. I fatti, peraltro piuttosto diffusi nel mondo dei paparazzi, sono questi: un fotografo della sua agenzia immortala il calciatore in compagnia di una ragazza che non è sua moglie; Corona gli propone di ritirare il servizio dal mercato in cambio di denaro; Trezeguet ci pensa su un paio di giorni, poi sgancia 25mila euro. Tecnicamente è un’estorsione, poiché i giudici – dopo un proscioglimento del gip annullato in Cassazione – ritengono che fotografare un uomo pubblico per strada integri una violazione della privacy (tesi controversa e ribaltata in altri processi a Corona, tipo nel caso Totti). Reato per giunta aggravato dalla presenza di un terzo: l’autista. Così, per un delitto scritto pensando al mafioso che chiede il pizzo scortato dal killer, Corona si becca 3 anni 4 mesi in tribunale, poi divenuti 5 in Appello (niente più attenuanti generiche). E scatta il reato “ostativo”: niente sconti per la liberazione anticipata (75 giorni a semestre per regolare condotta), niente percorso rieducativo e terapeutico, almeno 5 anni in cella di sicurezza. Un pesce rosso in uno stagno di squali. Proprio a questo serve, secondo la Consulta, la grazia: non a ribaltare le sentenze, ma ad “attenuare l’applicazione della legge penale” quando “confligge con il più alto sentimento della giustizia sostanziale... garantendo il senso di umanità” e il fine “di rieducazione della pena”. Una grazia almeno parziale, che rimuova il macigno dei 5 anni “ostativi”, sarebbe il minimo di “umanità” per ridare speranza a un ragazzo che ne ha combinate di tutti i colori, ma senza mai far male a nessuno. Forse un pò a se stesso.</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-32000564805431404892014-05-28T02:36:00.002-07:002014-05-28T02:36:45.780-07:00Sposa l’uomo che ama, lapidata dai parenti<div style="text-align: justify;">
Incollo qui un articolo di Alix Van Buren, di oggi.</div>
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«È un delitto d’onore», s’impettisce davanti ai poliziotti di Lahore il padre di Farzana, se “padre” si può dire di un maschio-padrone che ha appena spronato una torma di venti famigliari — fratelli, zii, cugini — a massacrare la figlia incinta a colpi di mattoni e bastone, le mani e la tunica ancora bagnati del sangue zampillato dalla testa di Farzana. Lei, 25 anni, è ormai un fagotto adagiato per terra, coperto da un telo infiorato di fronte al tribunale della capitale del Punjab, in Pakistan. Accanto al braccio, resta il sandaletto rosa, lindo e lezioso, scalzato nella fuga dagli aguzzini. Col suo viso, ancora sorprendentemente bello — reso statuario dalla morte — aveva sfidato il patriarca: per amore. Farzana Parveen era arrivata lì, a Lahore, ieri mattina, per testimoniare davanti ai giudici che «sì, era vero»: lei aveva sposato Iqbal, vent’anni più di lei, proprio per amore.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXmNTtSShg4dkRtdPxgKR1ItGBf7PpbHZ9EVKreifZSgkyffkIhdo4xJa0ajtX0aP7uKOqXiKGNrWYe5Vp_5JTECy3wdKRqlKZYZH6FtZis9ViCQt2-b7weT0lau8LY1SSGMJrk8X6FVE/s1600/lapidata_per_onore.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; display: inline !important; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXmNTtSShg4dkRtdPxgKR1ItGBf7PpbHZ9EVKreifZSgkyffkIhdo4xJa0ajtX0aP7uKOqXiKGNrWYe5Vp_5JTECy3wdKRqlKZYZH6FtZis9ViCQt2-b7weT0lau8LY1SSGMJrk8X6FVE/s1600/lapidata_per_onore.JPG" height="308" width="400" /></a></div>
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E «no», s’era intestardita, «non era vero» che Iqbal l’avesse rapita e costretta alle nozze, come invece calunniava il genitore, Mohammad Azeem, rivoltosi alla giustizia. In più, lei sapeva d’essere incinta: era il primo figlio a tre mesi di gravidanza, dopo anni di fidanzamento. Lui vedovo, lei si prendeva cura anche dei cinque figli di Iqbal. Nello spiazzo davanti alla Corte, i due non hanno avuto il tempo di salire i primi gradini. È piombato il branco: il fratello l’ha strattonata, per portarla via. Lei, sulle prime, è sgattaiolata. Lui le ha sparato un colpo di fucile, mancandola. Finché lei nella corsa è inciampata. Ha perso il sandaletto rosa. I testimoni raccontano che su di lei è caduto un diluvio di mattoni recuperati da un cantiere lì di fianco. Raggiunta, i suoi l’hanno finita a bastonate. Fuggiti, sono ricercati dalla polizia. Soltanto il padre, Azeem, s’è consegnato, tronfio: «Aveva insultato la famiglia, s’era sposata senza il nostro consenso, non ho rammarico», l’investigatore Mujahid ripete le parole di Azeem. È il refrain di una trama classica, tanto sanguinaria quanto ripetitiva, in un Paese come il Pakistan (e non è l’unico) dove 869 donne sono state assassinate lo scorso anno per lo stesso motivo: delitto d’onore. Eppure l’orrore di una lapidazione in una piazza centrale sciocca persino i più accostumati allo studio della violenza. «Non s’era mai visto il caso di una donna lapidata, per di più di fronte a un tribunale», dice Zia Awan, rispettato avvocato e militante dei diritti umani. La polizia promette di arrestare i responsabili. Ma Zia, come le donne della famiglia di Farzana, non s’illudono: sanno che le sentenze sono miti; a volte, si risolvono in assoluzioni. L’ultima immagine di Farzan è quel fagotto infiorato, caricato su un’ambulanza, e di Iqbal, la testa stretta fra le mani. L’ultimo affronto: un’autopsia, per sapere quel che tutti hanno visto. E che nessuno ha fermato.</div>
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<span style="text-align: justify;">I commenti,silenti o no, al solito, li lascio ai lettori.</span>Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-8341409647378933892014-05-23T01:03:00.000-07:002014-05-23T01:03:03.537-07:00il gatto eroe<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZQt27RXeM-ZS1kir9j4Zo9iLS_Y13eUr2F2N_Tq4wNHtHIDia-BSZIR4fKW0AOzPSHrzCBBtzCCbWhyWvLqLlJypuYr_bhZTXbdlYkqmqZY7PxlwM6d5a4Ovopedu4KOMGbKl1JsnR7M/s1600/gatto_eroe.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZQt27RXeM-ZS1kir9j4Zo9iLS_Y13eUr2F2N_Tq4wNHtHIDia-BSZIR4fKW0AOzPSHrzCBBtzCCbWhyWvLqLlJypuYr_bhZTXbdlYkqmqZY7PxlwM6d5a4Ovopedu4KOMGbKl1JsnR7M/s1600/gatto_eroe.JPG" height="113" title="fotogrammid el salvataggio" width="400" /></a></div>
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Eravamo abituati ad ascoltare storie di cani eroi, che hanno salvato bambini, adulti, altri animali; che hanno fatto scoprire assassini e ritrovato persone scomparse. Ma nessuno finora aveva mai parlato di un gatto eroe. Il primomicio che entra nella storia come un coraggioso combattente è in realtà una gatta, di nome Tara, che ha tirato fuori gli artigli come una piccola tigre per allontanare un cane che stava aggredendo il suo padroncino Jeremy di soli quattro anni. Grazie all’intervento di Tara il bimbo è salvo. E ora anche i più diffidenti, che hanno sempre ritenuto il gatto un animale egoista, legato più alla casa che ai padroni si devono ricredere. Che sarà mai se il micio non fa le feste a comando? Chi possiede un gatto sa bene che «non è facile conquistare la sua amicizia; ve la concederà se mostrerete di meritarne l’onore,ma non sarà mai il vostro schiavo », scriveva Théophile Gautier. Vero è che il gatto non vi scodinzolerà mai dietro come un cane.Non porta indietro la pallina, non vi segue per tutta la casa con le pantofole o il giornale tra i denti. Lui ha una personalità. Si avvicina e si lascia accarezzare quando ne ha voglia. E' un pò più egoista-solitario del canide. Poi si allontana e va per i fatti suoi. È uno spirito indipendente. Dorme, sonnecchia, osserva.Ma non ubbidisce. Per un gatto l’idea di essere proprietà di qualcun altro è ridicola (Jeffrey Moussaieff Masson, in La vita emotiva dei gatti). Non tollera le punizioni e fa finta di non capirle. I gatti, animali di altissima intelligenza, non hanno mai completamente superato il complesso di superiorità dovuto al fatto che, nell’antico Egitto, erano adorati come dei. E quanto emotivamente siano coinvolti nel rapporto con gli esseriumani, e quindi con i loro amici-padroni, resta un mistero. Non stupisce quindi la curiosità che ha scatenato il video (su YouTube ha realizzato ben 21milioni di visualizzazioni) della gatta Tara che salva la vita al suo padrone. Si vede una scena fulminea: un cane randagio si avvicina di soppiatto a un bambino in bicicletta, gli azzanna un braccio e cerca di trascinarlo via. Le telecamere di sicurezza piazzate intorno alla villetta di Bakesville, in California, riprendono quello che sembra destinato a diventare un dramma, quando ecco un autentico colpo di scena: il gatto di casa-un soriano per la verità piuttosto ben piazzato- sbuca dal nulla e come una furia si lancia sull’aggressore. Il cane, grazie anche all’effetto sorpresa, molla il braccio del bambino e si dà a una fuga precipitosa, inseguito dal gatto che dopo alcuni metri, compresa l’impari e rischiosa sfida in cui si è lanciato, corre a nascondersi sotto un’auto. Per Jeremy - appena quattro anni - tanta paura e una brutta ferita. Immagini che hanno fanno il giro del mondo commuovendo tutti. Intanto Jeremy è contentissimo di poter urlare a tutti che la sua amica pelosa «è un’eroina,mi ha salvato».I genitori del bimbo raccontano che Tara è entrata nella loro vita all’improvviso: «Cinque anni fa la gatta ci ha seguiti a casa da un parco in cui stavamo passeggiando e da lì in poi non se ne è più andata. E quando è nato Jeremy è sempre stata vicina a lui, anche quando dormiva». Tara è ormai una star, ha un sito (taratheherocat.com) e piovono gli inviti.Ha già partecipato come ospite d’onore alla partita di baseball tra i Bakersfield e i Jethawks Lancaster, in California. E ha effettuato il primo lancio, anche se non si capisce bene come, ma tutto è possibile per la “gatta ninja” così è stata soprannominata sul web. Ad accoglierla insieme al piccolo Jeremy, con i genitori Roger e Erica Triantafilo, un lungo applauso dagli spalti e un'iniziativa benefica: chi ha portato un giocattolo usato o del cibo per animali da donare ai rifugi per cani ha ricevuto uno sconto del 50% sul prezzo del biglietto della partita.</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-67907833184485542442014-05-20T02:39:00.003-07:002014-05-20T02:39:54.482-07:00#GrilloInVespa<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhsLCEsmBY9rC6lIxffvE7RDXNhMPzcZsmVvnkc1TTW5TjY7__G_wuEHcbgDep2Dql9dfxxbyd3N61Nu7Jx90fhnsfJB2BeACktnyZfKg-87B3Lb0D5XE0yeUP6Da_Yy6a6mMot83BB8y4/s1600/grillo_vespa_porta_a_porta.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhsLCEsmBY9rC6lIxffvE7RDXNhMPzcZsmVvnkc1TTW5TjY7__G_wuEHcbgDep2Dql9dfxxbyd3N61Nu7Jx90fhnsfJB2BeACktnyZfKg-87B3Lb0D5XE0yeUP6Da_Yy6a6mMot83BB8y4/s1600/grillo_vespa_porta_a_porta.JPG" height="204" width="320" /></a></div>
<br />Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-20646847272539981312014-05-14T01:34:00.001-07:002014-05-14T01:34:23.145-07:00Infobesity<div style="text-align: justify;">
«INFOBESITY»: obesità da troppa informazione. Obesità mentale, s’intende. Il neologismo viene lanciato da uno studio sulla crescita esponenziale della nostra “dieta quotidiana” di informazioni. Notizie, input, impressioni, opinioni, messaggi personali. È una materia grezza che invade la nostra attenzione, usando le tecnologie digitali, e le cifre sono da capogiro. Negli ultimi sette anni, quelli che forse separano la “prima rivoluzione digitale” dalla nuova Rete 2.0, le email inviate quotidianamente sono esplose da 31 miliardi a 183 miliardi. Erano già tante nel 2007, certo, ma nel 2013 si erano sestuplicate. E qualcuno deve pur leggerle. I video caricati su YouTube erano 11.500 ore al giorno sette anni fa. Ora invece, ogni giorno che passa YouTube accoglie 144.000 ore di filmati aggiuntivi. I tweet nel 2007 erano ancora agli albori: 5.000 “cinguettii” al giorno. Oggi sono oltre 500 milioni al giorno. Il volume di traffico globale che transita su Internet nel 2002 era di 8,6 milioni di gigabyte al giorno, oggi siamo a due miliardi di gigabyte quotidiani. I dati sono di Internet Live Stats, The Radicati Group, You- Tube Trends, Cisco, li ordina insieme un’analisi di Thomson Reuters. L’allarme viene dal fatto che «nell’informazione come nel cibo, l’eccesso può avere conseguenze drammatiche». La diagnosi parla di una «epidemia mondiale di infobesità, una situazione in cui troppa informazione può portare alla paralisi, alla distrazione, all’eccesso di fiducia, alle decisioni sbagliate». C’è un esempio concreto, ai massimi livelli. Non riguarda un singolo essere umano con le sue imperfezioni, ma una delle più potenti aziende tecnologiche della Silicon Valley. Google, nientemeno, che con Flu.Trends aveva lanciato uno strumento analitico per setacciare tutti i social media e raccogliervi immense quantità d’informazioni a fini sanitari. La scommessa di Google: attraverso la potenza di Big Data e la sofisticazione dei software per interpretare quelle notizie, avremmo sconfitto l’influenza. O quantomeno avremmo raggiunto una perfetta capacità previsionale, per indicare in anticipo sviluppi e diffusioni delle prossime epidemie influenzali. Il bilancio? Un disastro. La massima autorità sanitaria Usa, il Centers for Disease Control and Prevention, insieme con una squadra di scienziati diretta da David Lazer, hanno scoperto che il Flu.Trends di Google ha preso delle cantonate micidiali, sovrastimando i casi di influenza in modo sistematico, e ha sbagliato per anni senza correggersi. Nel saggio pubblicato sulla rivista Science, Lazer indica questo come un esempio macroscopico di hybris legata a Big Data. Decisioni sbagliate, come conseguenza dell’incapacità di selezionare, interpretare, un sovraccarico d’informazione. Se di Infobesity si è ammalata perfino Google, figurarsi quanto siamo vulnerabili noi. Tra gli scienziati che se ne occupano, Clay Johnson (autore di The Information Diet) è stato uno dei primi ad analizzare l’informazione alla stregua di un «consumo di alimenti»: se ne possono ingerire in eccesso, e stare molto male. Esiste secondo Johnson un «preciso e osservabile modo di funzionamento neuronale» che coincide con il sovra-consumo d’informazione. Sotto accusa, insieme con «l’invasività dell’informazione », c’è la nuova norma sociale «che rende accettabili le continue interruzioni della nostra attenzione». Mark Pearrow, ricercatore al Massachusetts Institute of Technology, ha creato un sito che si chiama Infobesity.com. Il suo scopo è «trovare la giusta dieta per l’informazione». Per questo vuole capire anche «quali antichi meccanismi sono in funzione nelle nostre menti e nei nostri corpi, che ci rendono suscettibili di sviluppare una dipendenza». Il paragone alimentare calza alla perfezione. Gli esseri umani hanno abitato questo pianeta per decine di migliaia di anni in condizioni di penuria di cibo, esposti al rischio di carestie; quando il cibo è diventato abbondante, non eravamo geneticamente programmati per resistere alla tentazione. Qualcosa di simile ci sta accadendo con l’informazione nell’èra della sua abbondanza digitale. Infobesity è un neologismo che ha avuto illustri predecessori. Negli anni Settanta Alvin Toffler cominciò a parlare di «information overload», sovraccarico. In seguito arrivarono termini come «information glut» (intasamento) e «data smog». Alla nascita della posta elettronica, nel lontano 1997 un’indagine fra i manager delle maggiori aziende Usa (Fortune 1000) dimostrò che il 50% di loro veniva «distratto sei volte all’ora dall’arrivo di email». Un problema minimo, trascurabile, rispetto a quel che accade oggi con le riunioni aziendali dove tutti hanno lo sgaurdo incollato sul display dello smartphone. Nicholas Carr, che ha diretto la Harvard Business Review ed è autore di The Shallows — What The Internet Is Doing To Our Brains, spiega che le email e altri messaggi digitali sfruttano un nostro istinto primordiale che spinge alla ricerca di nuove informazioni. Ma perfino Eric Schmidt, chief executive di Google, ammette che il bombardamento incessante di nuovi dati può avere un impatto negativo sul nostro pensiero, ostacolare le riflessioni più profonde, la comprensione, l’apprendimento, la memorizzazione. Insieme con l’allarme, cominciano a elaborarsi delle strategie di resistenza. L’indagine Thomson Reuters, rivolta alla grandi aziende americane, indica alcune autodifese. Una di queste chiama in causa ancora una volta la tecnologia: si elaborano software sempre più avanzati per «scremare, filtrare e selezionare » la massa bruta e gigantesca di notizie personali o commerciali depositate dagli utenti nei social media. Chiediamo a un software di «distinguere» ciò che conta dall’effimero. Le intelligent alerts sono il passo successivo: ci facciamo stimolare solo quando appaiono nella nebulosa delle informazioni grezze quei temi che noi abbiamo pre-segnalato perché di nostro interesse. Un terzo filone di ricerca riguarda le “ricerche intuitive”, basate su software che imitino il pensiero e il linguaggio umano. Apple con Siri (il cosiddetto “assistente personale” che ci parla dall’iPhone) è uno degli esempi di questa ricerca di un aiuto tecnologico che possa guidarci dentro un universo di conoscenze troppo vasto per noi. Infine c’è una tendenza che non ha nulla a che vedere con le tecnologie: è l’emergere di un potente “agnosticismo dei dati”. L’indagine Thomson Reuters lo indica come un trend in crescita tra quei dirigenti che vogliono «combattere l’infobesità», riprendendosi il controllo delle fonti, della qualità dell’informazione, dell’attendibilità. Per sostenere questa rivolta contro la bulimìa dei dati, sono di aiuto anche i corsi di mindfulness (letteralmente: la qualità di una mente completa, di un’attenzione piena), tecniche di meditazione e concentrazione che mutuano dallo yoga e da analoghe discipline buddiste. Sally Boyle, che dirige le risorse umane per Goldman Sachs, è certa che «fra qualche anno questi esercizi di meditazione ci sembreranno normali, essenziali e diffusi quanto le sedute in palestra ». Non ci resta che riflettere su questi dati ASSOLUTAMENTE ALLARMANTI.</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-60097327091660505082014-05-13T01:57:00.000-07:002014-05-13T01:57:44.485-07:00Lo Squalo, manovra da "soli" 26 miliardi<br />
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<li style="text-align: justify;">Rispondere a un’esigenza industriale di consolidamento del business in scala europea.</li>
<li style="text-align: justify;">Dare un segnale concreto ai gruppi telefonici che si sono già attrezzati o lo stanno per fare sul fronte dell’integrazione dell’offerta multimediale.</li>
<li style="text-align: justify;">Senza trascurare lo spirito di rivalsa nei confronti della politica e dell’opinione pubblica anglosassone che un paio d’anni fa bocciò la sua scalata a BSkyB.</li>
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Sono queste le leve che hanno spinto Rupert Murdoch, conosciuto sul web come The Shark(Lo Squalo) a impostare il progetto d’integrazione delle tre televisioni a pagamento europee (Inghilterra, Italia e Germania). Il progetto, anticipato nel fine settimana dal Financial Times e dall’agenzia Bloomberg, ieri è stato confermato dalla quotata BSkyB che dovrebbe rilevare gli altri asset da 21st Century Fox. Un’operazione complessa, articolata, da 9-10 miliardi di sterline e con implicazioni antitrust. Ma che se si concretizzasse darebbe vita a un colosso da 11,4 miliardi di euro di ricavi consolidati, con un bacino di 19 milioni di abbonati e qualcosa come 30 mila dipendenti. Un agglomerato mediatico al quale ieri gli analisti di Credit Suisse hanno assegnato un valore complessivo di 26 miliardi di sterline a fronte di un ebitda aggregato di 2 miliardi di sterline e un debito netto di 6,1 miliardi. Un big al quale nessun altro operatore televisivo nazionale potrebbe far fronte, soprattutto in caso di gara per l’acquisizione dei diritti televisivi, in particolare quelli sportivi (il calcio su tutti). Ed è proprio questa la motivazione principale che spingerebbe Murdoch ad avviare la macchina della triplice integrazione che ha già i suoi effetti in borsa visto che BSkyB ieri ha perso il 2,4% e Sky Deutschland è balzata quasi del 10%. In Inghilterra, infatti, il tycoon australiano deve fare fronte alla guerra mossa da British Telecom che ha comprato i diritti della Premier League e pure in Germania il colosso DT si è mosso alla stessa maniera. Per di più, quella di Murdoch è una vera e propria rivalsa contro quel governo che un paio d’anni fa bloccò la scalata alla pay tv anglosassone scatenando la rivolta dell’opinione pubblica amplificata poi dallo scandalo intercettazioni che portò alla decapitazione della branch locale della ex News Corp. Nello specifico, l’operazione allo studio prevede che BSkyB rilevi il 57% di Sky Deutschland in mano alla 21st Century Fox (la nuova società che controlla gli asset televisioni e multimediali dell’impero Murdoch) e lanci poi un’opa. Questo step costerebbe 3 miliardi. Poi la stessa pay tv inglese acquisirà il controllo totalitario di Sky Italia: valore del deal, 5 miliardi. Questo piano d’integrazione risponderebbe poi anche alla sfida che altri big americani stanno lanciando in Europa proprio al gruppo del tycoon australiano. Liberty Media ha comprato un operatore via cavo olandese (Ziggo) per 7 miliardi di euro e assieme a Discovery Channel (sempre più forte in Italia) sta puntando una fiche da 550 milioni di sterline sull’inglese All3Media, mentre Viacom (proprietaria tra gli altri asset di Mtv) vuole comprare l’emittente Channel5 per 450 milioni di sterline. Mentre in Italia non va trascurato il fatto che Mediaset Premium, assicurandosi per 700 milioni la Champions League 2015-2018, ha dato un forte segnale a Sky che per questo si è alleata con Telecom Italia per vendere pacchetti abbinati: a ore l’annuncio che anche i Mondiali di calcio in Brasile, esclusiva della pay guidata dall’ad Andrea Zappia, finiranno su Tim Vision. E secondo alcuni osservatori questa liaison avrà un impatto indiretto anche sulla prossima asta per il diritti della Serie A. A differenza degli altri paesi continentali, l’operatore tlc italiano non parteciperà forte dell’asse con Sky.</div>
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Qualcuno, forse i più anziani, ricorderà che il magnate sembra copiare l’ex Cav. di qualche tempo fa, ma fa le cose in grande.</div>
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Accorpare le tv a pagamento nei vari mercati europei era un’idea nata sul finire dello scorso anno in quel di Cologno Monzese. In effetti, il progetto di unificare il business della televisione a pagamento, nel caso di Mediaset, in Italia (dove ha il 100% di Premium) e Spagna (22% di Digital+) era venuto in mente ai manager del Biscione. Ora, Rupert Murdoch vuole replicare il piano (che magari era finito in un cassetto impolverato dell’ufficio di Los Angeles, ma questo non possiamo saperlo), e studia l’ambiziosa integrazione nell’inglese BSkyB (posseduta al 39%) delle partecipazioni in Sky Italia (100%) e Sky Deutschland (56%). Un deal molto più complesso di quello pensato da Mediaset e in mercati più rilevanti come pubblico target. E soprattutto con una maggiore presa sugli asset visto che nella piattaforma anglosassone la famiglia domina con la minoranza. Senza trascurare poi un altro elemento: il piano del Biscione non contempla per ora il ruolo dominante che avrà nel prossimo futuro in Digital+il big delle tlc spagnole Telefonica. Che partendo dalla partecipazione del 22% ha fatto un’offerta (irrinunciabile) alla pericolante Prisa per la maggioranza (il 56%). Salendo al 78% ne avràdi fatto il controllo e lavorerà all’integrazione delle piattaforme per portare i contenuti televisivi in tutte le case iberiche. E in quest’ottica, Mediaset dovrà giocare in difesa, sperando di strappare una presenza più ampia in cda, passando magari dall’aumento dell’attuale quota (22%) tramite un accordo strategico con il gruppo presieduto da Cesare Alierta. Ma la sfida continentale tra Murdoch e Berlusconi continua anche sui diritti tv. Al magnate australiano la Spagna è sempre piaciuta. Ex Cavaliere mezzo avvisato...</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-68367839127147130902014-04-29T01:44:00.000-07:002014-04-29T01:44:12.317-07:00Prezzemolino<div style="text-align: justify;">
Dunque sabato sera i telespettatori di Amici saranno privati dell’imprescindibile presenza di Matteo Renzi accanto a Maria, a causa di una legge odiosamente illiberale: la par condicio che proibisce le ospitate di politici nei programmi non giornalistici in campagna elettorale. Gli italiani dovranno dunque attendere fine maggio per sapere che faccia ha il presidente del Consiglio, ingiustamente oscurato da tutte le tv, eccezion fatta per i programmi del mattino, del pomeriggio, della sera e della notte. A meno che non accolga l’invito di Barbara D’Urso a Domenica Live che – lo si è scoperto dopo il monologo del Cainano di Arcore – è nientemeno che un “programma giornalistico”. Il capo del governo è così pieno di sé da voler occupare ogni teleinterstizio diurno e notturno: verrebbe da domandargli perché se ne infischi così ostentatamente di una legge nata per riportare un minimo di decenza nella patria del conflitto d’interessi, al punto di farsi dare una lezione di par condicio addirittura da Mediaset. La risposta, purtroppo, è nota: vent’anni di berlusconismo hanno coperto e giustificato i conflitti d’interessi del centrosinistra, trincerato dietro l’alibi del “lui ce l’ha più grosso di noi”. Chi parla più della mostruosità di un leader politico proprietario di tre reti televisive che da vent’anni si fa intervistare (si fa per dire) dai suoi impiegati? Anziché sciogliere quel nodo, il centrosinistra si è preso la rivincita controllando pezzi di Rai e di giornali, che usano i medesimi riguardi riservati a Berlusconi dai suoi impiegati, senza disdegnare qualche ospitata a Mediaset per dimostrarne lo squisito pluralismo. Quando Renzi dice che il patto con B. riguarda “solo” le riforme (hai detto niente), gli sfugge che la scelta di un simile partner costituente gl’impedisce di polemizzare con le mostruosità che escono dalla sua bocca (per dire qualcosa sulla dichiarazione di guerra alla Germania, ha dovuto equipararla alla “frase inaccettabile di Grillo sulla Shoah”, che però non esiste: Grillo non ha detto nulla sulla Shoah; ha parafrasato molto inopportunamente un brano di Primo Levi, con un assurdo fotomontaggio sulla P2 e Auschwitz). E di fare qualcosa contro il conflitto d’interessi, che infatti resta tabù. Più i giorni passano, più il leader “nuovo” somiglia a quelli che doveva rottamare: chiacchiere tante, fatti pochi e transumanze da una tv all’altra per “fare il simpatico”. La differenza è il giubbotto fico(che gli calza pure male IMHO) al posto della grisaglia. Appena entrato a Palazzo Chigi, oltre ai virus della chiacchierite e dell’annuncite, Renzi ha contratto pure la prezzemolite(è ovunque). Ieri è apparso in tv con un pallone e poi con una banana in mano. Intanto la Boschi, sua "portavoce", ci ragguagliava su Vanity Fair su altre questioni decisive: se vuole dei figli, e se sì quanti, se ha già trovato l’uomo giusto o se possiamo fare qualcosa per aiutarla nelle ricerche. Un giorno o l’altro magari verrà fuori un politico serio, che si fa eleggere e va al governo per governare e parla solo quando ha qualcosa da dire: non per promettere ciò che farà, ma per comunicare ciò che ha fatto. E non lo noterà nessuno. Siamo italiani, in fin dei conti.</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-60789850526361796072014-04-08T03:06:00.000-07:002014-04-08T03:06:42.929-07:00Renatone<div style="text-align: justify;">
Oggi parliamo del renatone nazionale(è in minuscolo per aiutare il lettore ad indovinare il personaggio). <br />Renato Zero ? No no... </div>
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Renato Carosone ed il suo "Tu Vuò Fa' L'Americano" sarà l'articolo del giorno ? Io direi di no, siamo lontani.<br />Renato Pozzetto ? Gran comico, ma vi ho detto che ci stiamo allontanando dalla trebisonda, anche se in quanto a comicità, del nostro Signore X se ne potrebbe discutere.<br />Vabbè dai, iniziamo l'articolo. </div>
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È un gioco delle parti ormai collaudato nel tempo, dove i ruoli sono codificati così come il peso specifico interno a un partito complesso come Forza Italia. E dove, se si guardano le cose dall’esterno, uno come Renato Brunetta (eccolo qua in nostro eroe, 143cm di aggressività ahimè veneziana) dovrebbe pesare tanto agli occhi dell’ex Cavaliere e, invece, non è nelle sue grazie. Eppure, per suo conto s'impegna quotidianamente a cannoneggiare la Rai, a scrivere il Mattinale che raccoglie il verbo e detta la linea alle truppe e, in ultimo, guida saldamente il gruppo alla Camera da dove lancia ultimatum laceranti su cui, poi, i “colonnelli” costruiscono un asse di trattativa. Un po’ come è successo ieri: parte Brunetta, sfodera la spada contro l’incantevole ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi, sull’approvazione dell'Italicum al Senato, quindi passa la palla all’interno, dove c’è un Verdini già pronto a raccogliere la telefonata della medesima Boschi per capire fino a che punto si può alzare il tiro per non far dimenticare agli elettori che senza Berlusconi non ci saranno mai le “grandi riforme”. </div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: justify;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8Vj4fVHY6atYXAa-1ozmQ-Ovppw833pb2BIIz8abAaQAjKxgvHCCJMTRNgEL0mVT1zGFay0Jx0ns4erybLTIABFFSiUlv7jq2RyyVNtDHmTNn6B1K9ATiTLNpetu8gJbx2w4acKgYiJw/s1600/brunetta_dormiente.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8Vj4fVHY6atYXAa-1ozmQ-Ovppw833pb2BIIz8abAaQAjKxgvHCCJMTRNgEL0mVT1zGFay0Jx0ns4erybLTIABFFSiUlv7jq2RyyVNtDHmTNn6B1K9ATiTLNpetu8gJbx2w4acKgYiJw/s1600/brunetta_dormiente.jpg" height="248" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><strong style="-webkit-tap-highlight-color: rgba(255, 255, 255, 0); background-color: white; border: 0px; color: #333333; font-family: Arial, 'Helvetica Neue', Helvetica, sans-serif; line-height: 24px; list-style: none; margin: 0px; outline: 0px; padding: 0px; text-align: start; vertical-align: baseline;"><span style="font-size: xx-small;">Giornata Nazionale dell’Innovazione 2011</span></strong></td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
Poi, però, Renzi smonta tutto, lo stropiccia pubblicamente (“non accettiamo ultimatum, men che meno da Brunetta”) e lui, come da tradizione, s’adonta e strepita: “Finirai come le bolle di sapone!!!”. Il copione è sempre questo, la solita storia di ordinaria stizzosità brunettiana, si direbbe, che però tanta parte ha nella strategia mediatica berlusconiana. Per dire: secondo Alessandra Ghisleri, sondaggista della real casa di Arcore, nell’ultimo periodo, uno dei più duri per Forza Italia, in picchiata continua, la cattiveria e l’invettiva brunettiana sono stati fondamentali, salvando il Cavaliere dall’oblio. Brunetta serve perché imperversa. Per ordine diretto di Silvio. La sua determinazione a non lasciare terreno all’avversario lo ha reso un soldato indispensabile della truppa di Silvio. Un episodio che la dice lunga sull’uomo: in aula alla Camera, la presidente Laura Boldrini, annunciandone l’intervento, disse: “Ha la parola il deputato Brunetta”. “Grazie deputata Boldrini – replicò lui, piccato perché non aveva ricordato che era capogruppo –. Lei non mi chiama presidente e io non la chiamo presidente”. È fatto così. E per questo piace ma non al punto da poter essere paragonato a uno Scajola o a un Dell’Utri. E neppure a Verdini. Pesa, insomma, ma non troppo. Conta, certo, ma la rissosità del carattere non lo aiuta. “Renato è Renato”, sostengono con disincanto a San Lorenzo in Lucina, per dire che non sempre la infila giusta, vuoi per eccesso di zelo, vuoi per quella vanità. Per dire: cosa abbia spinto il Cav, a inizio legislatura, a sceglierlo come capogruppo è mistero gaudioso. Dopo la rottura con Giulio Tremonti, Brunetta, approfittando di un momento di grazia del Capo, si sistemò in una suite di Palazzo Grazioli, praticamente all’uscio dell’ex premier. E pare che da quel momento in poi gli abbia rotto le scatole in modo tanto assillante da costringere Berlusconi a concedergli la poltrona. Subito dopo, però, il Cav. si ritrovò sul medesimo uscio mezzo partito che dei modi spicci di Brunetta non ne voleva sentir parlare. Quando nel 2008 era ministro della P.A., trattò i suoi sottoposti come fossero una manica di fannulloni e apostrofò i precari come “l’Italia peggiore”. Una scivolata, quest’ultima, che gli costò cara anche alla corte di Berlusconi. Ma Brunetta è uno che incassa. E striscia. Ad majora.</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-30989398260957310182014-03-28T02:37:00.003-07:002014-03-28T02:37:43.448-07:00F35<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjiuQ5BOC3tpS5gul8SEp44fl8aQdMSHJe0KNiQkc3g-swW5oNrJCcV2-nmx878k4jO26YHn8Veu0mIhiHaI-LDb5fuWITyeCexp0bJnKPC2PBqPfZp-XxN0R_2nY9y824anouY3H81jyY/s1600/f35.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjiuQ5BOC3tpS5gul8SEp44fl8aQdMSHJe0KNiQkc3g-swW5oNrJCcV2-nmx878k4jO26YHn8Veu0mIhiHaI-LDb5fuWITyeCexp0bJnKPC2PBqPfZp-XxN0R_2nY9y824anouY3H81jyY/s1600/f35.JPG" height="266" width="320" /></a></div>
<br />Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-88593298688912118042014-03-26T03:08:00.002-07:002014-03-26T03:08:44.592-07:00Novartis, a pagamento!<div style="text-align: justify;">
Alcuni giorni fa scrissi della, secondo me, "<a href="http://unarticoloalgiorno.blogspot.it/2014/03/il-business-dei-farmaci.html" target="_blank">collusione di parti nel business dei farmaci</a>". Eccoci qua con la seconda, triste, puntata. Infatti, visto che alla <b>Novartis </b>i soldi non mancano di certo, ieri il colosso del farmaco elvetico ha comprato una pagina intera sui principali quotidiani per fare un’apologia di se stessa dopo aver subito la multa di 180 milioni di euro (ruggito di una mosca, quisquiglie) dell’Antitrust sul presunto cartello con <b>Roche</b>. “Questa nota – si legge – ha lo scopo di chiarire numerose informazioni non corrette” che sono circolate in seguito all’accusa dell’Autorità “di presunte pratiche anti-concorrenziali” per commercializzare il Lucentis , cioè il farmaco più costoso per la cura della maculopatia (1000 euro per iniezione) contro l’analogo a basso costo Avastin (20 euro). Novartis ribadisce che farà ricorso al Tar “allo scopo di difendere la salute dei pazienti e rispettare il rigore applicato dalle autorità sanitarie” cioè Ema e Aifa “nel processo di valutazione e approvazione dei medicinali”. Qualche riga più sotto il colosso sottolinea che i due medicinali sono “diversi tra loro per struttura e caratteristiche biologiche": la molecola del Lucentis “è stata progettata per trattare patologie oculari” e per essere iniettata nell’occhio, mentre Avastin “è stato sviluppato e approvato esclusivamente per la somministrazione mediante infusione endovenosa e per il trattamento di patologie tumorali”. A settembre scorso l’Oms inserisce Avastin nell’elenco dei farmaci indispensabili per la vista. L’Aifa già nel 2007 lo mette “nella lista 648”, quella dei farmaci che possono essere prescritti dal medico sotto la sua responsabilità per la cura di malattie per le quali non sono esplicitamente registrati. Ma nel 2012 lo rimuove. Risultato: una mezza catastrofe. Lievita la spesa a carico del Ssn, crescono le liste d’attesa dei pazienti, molti dei quali fanno la spola in Austria o Slovenia. Nel resto d’Europa infatti Avastin continua a essere prescritto senza problemi. La nota conclude con belle parole: “Novartis è costantemente impegnata a garantire l’accesso alle terapie innovative, efficaci e sicure al più ampio numero di persone assicurando la sostenibilità economica attraverso la collaborazione con medici” e istituzioni. “Peccato che 100 mila pazienti hanno subito ritardi o interrotto la terapia” commenta Matteo Piovella, presidente della Società oftalmologica italiana (intervista reperibile in rete). E che nel 2009 Novartis impugna le delibere di Emilia Romagna e Veneto davanti ai rispettivi Tar in cui si autorizza l’acquisto del farmaco meno costoso per ovvie ragioni di spesa (la causa è passata alla Corte costituzionale che si esprimerà tra maggio e giugno). Intanto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin alla trasmissione "Mi manda Raitre" ha giurato di essere pronta a chiedere alle aziende il rimborso dei danni al Fondo sanitario nazionale se i rilievi dell’Antitrust verranno confermati. Vedremo.</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-23357402548130011242014-03-25T02:44:00.000-07:002014-03-25T02:45:18.768-07:00Marine Grillo<div style="text-align: justify;">
Una vignetta per dirla tutta:</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGQzKe4n_GeDwK_mBVjI93AB-ljYMU5lxhcVlVYkXH3jLmJn6wTKW6pWbMNBf4NVlWjCNkUUfKUcC3E_Lg-xYb458tIEC8Dxo-C6X6xz4upOmE-iu5oGYGYmxA2D2JgsMxEww0G6ZiurE/s1600/lepen_grillo.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgGQzKe4n_GeDwK_mBVjI93AB-ljYMU5lxhcVlVYkXH3jLmJn6wTKW6pWbMNBf4NVlWjCNkUUfKUcC3E_Lg-xYb458tIEC8Dxo-C6X6xz4upOmE-iu5oGYGYmxA2D2JgsMxEww0G6ZiurE/s1600/lepen_grillo.JPG" height="267" width="320" /></a></div>
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Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-903559725237482822014-03-24T01:26:00.000-07:002014-03-24T01:26:04.379-07:00per quanto ancora ?<div style="text-align: justify;">
E' celebre la frase del Vico : "Corsi e ricorsi storici" oppure parafrasata "La storia si ripete".</div>
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Chi avesse una decina di minuti da impegnare legga questo:</div>
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<a href="http://triskel182.wordpress.com/2014/03/24/expo-alimentare-e-milanesi-alla-fame-anna-vullo/">http://triskel182.wordpress.com/2014/03/24/expo-alimentare-e-milanesi-alla-fame-anna-vullo/</a></div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-547371667787145242014-03-06T05:41:00.000-08:002014-03-06T05:41:48.161-08:00Il business dei farmaci<div style="text-align: justify;">
Alcuni avranno seguito il nuovo avvicendamento "farmacologico" italiano: la mega-multa, il ricorso "and so on" come dicono gli inglesi. In breve: l’Autorità Antitrust accusa le due multinazionali del farmaco di aver fatto cartello per dividersi i vantaggi dalla vendita di entrambi i farmaci La Novartis possiede poco più del 33 per cento della Roche. Roche e Novartis, entrambe con sede in Svizzera, hanno respinto le accuse (chi l'avrebbe detto mai?) e hanno annunciato che faranno ricorso contro le sanzioni decise dall’Authority per la concorrenza. “Sono accuse infondate”, hanno detto. Non farò disquisizioni sul fatto ( chi mi conosce sa già che le reputo colpevoli) ma do seguito ad una intervista di una paziente qualunque.</div>
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Milano — Sono una testimone diretta dello scandalo Avastin-Lucentis e ho vissuto sulla mia pelle la terribile condizione di dover scegliere tra una cura molto costosa ma, mi avevano detto, più sicura ed efficace e una dai costi decisamente inferiori ma dall’esito incerto. Di mezzo c’era la mia vista, afflitta da una malattia che fino a Pasqua del 2010 non sapevo nemmeno cosa fosse: la <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Maculopatia" target="_blank">maculopatia</a>. Fino ad allora i miei problemi con la vista erano stati soltanto quelli “canonici” di una miopia, per quanto piuttosto elevata. La maculopatia non è una patologia che affligge soltanto in età senile, a me infatti è capitata a 40 anni, anche se sono gli anziani, effettivamente, i più colpiti (uno su tre dopo i 75 anni). Nel mio caso si è trattato di una maculopatia del tipo più aggressivo, “umida” in gergo medico, dovuta a una degenerazione miopica. Vedendo molto bene con l’occhio destro, non mi ero accorta subito di quel che stava accadendo all’occhio sinistro e quando mi decisi ad andare al Pronto soccorso Oftalmologico dell’Ospedale Fatebenefratelli, vedevo già un solo decimo, praticamente buio fitto. Mi dissero che era necessario intervenire immediatamente, perché il fattore tempo è fondamentale in questo tipo di maculopatia, nel senso che la malattia corre veloce verso la cecità e anche una settimana può fare la differenza. I medici del Fatebenefratelli mi spiegarono che da una manciata di anni esisteva una cura con un’iniezione intraoculare a base di due farmaci: il Lucentis, specifico per l’occhio e, mi venne detto più efficace e sicuro, e l’Avastin, farmaco nato per curare il tumore al colon, che però era off label, privo cioè dell’autorizzazione del Ministero della salute. La differenza tra i due stava anche nei costi decisamente differenti, 50 volte superiori per il Lucentis. Per operarmi con il Lucentis in una struttura privata avrei dovuto sborsare circa duemila euro. Mi trovai in grave difficoltà nel decidere cosa fare e oltretutto dovevo fare presto. Avevo già perso troppo tempo prezioso e non potevo più aspettare. Andai a chiedere un altro parere a un medico del Punto Raf, struttura del San Raffaele di Milano, dove nel 2002 mi ero operata con il laser per togliere la miopia. Lì un medico, a cui devo oggi il recupero della vista, mi disse che Avastin e Lucentis erano praticamente equivalenti e che anzi Avastin vantava migliori risultati e riscontri clinici anche perché, inizialmente, per 3-4 anni era stato l’unico ad essere utilizzato per le maculopatie in tutto il mondo. E che oltretutto negli Stati Uniti veniva utilizzato il solo Avastin. Disse anche che mi avrebbe operato due giorni dopo in una clinica di Bergamo, convenzionata col Sistema sanitario nazionale. E così feci. Nel giro di poche settimane avevo recuperato già molta vista e dopo qualche mese il mio occhio sinistro vedeva 8 decimi. A me era bastata una sola iniezione di Avastin e lo stesso fu anche due anni dopo quando la maculopatia attaccò l’occhio destro. Io oltretutto avevo un lavoro e una famiglia alle spalle che potevano sostenermi economicamente. Ma mi sono domandata come facessero gli anziani, i più colpiti da questa malattia invalidante, a sopportare i costi delle iniezioni con il Lucentis, considerato, oltretutto, che nel caso degli anziani quasi sempre sono necessarie più iniezioni, addirittura dieci o più, per sperare di vedere un miglioramento. Negare loro l’Avastin significa condannarli alla cecità, un fatto indegno di un sistema sanitario all’avanguardia come il nostro.</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-12087349417883946422014-03-04T23:57:00.001-08:002014-03-04T23:57:25.338-08:00Il grande equivoco<div style="text-align: justify;">
Dopo gli Oscar per i migliori film, ci vorrebbe un Oscaretto per i migliori commenti italiani agli Oscar. Provinciali, retorici, cialtroni. Un po’ come dopo le partite dei Mondiali quando vince l’Italia: il patriottismo ritrovato, l’orgoglio tricolore, il riscatto nazionale, l’ottimismo della volontà, la metafora del Paese che rinasce. Questa volta però, con l’Oscar a "La grande bellezza", c’è un di più: l’esultanza di chi s’è fermato al titolo, senza capire che è paradossale come tutto il film. Ecco: quello di Sorrentino è il miglior film straniero anche e soprattutto in Italia. Il Corriere fa dire al regista che “con me vince l’Italia”, ma è altamente improbabile che l’abbia solo pensato: infatti ha dedicato l’Oscar alla famiglia reale e artistica, al Cinema e agli idoli adolescenziali (compreso – che Dio lo perdoni –Maradona, inteso però come il fantasista del calcio, non del fisco). Eppure Johnny Riotta, sulla Stampa , vede nel film addirittura “un monito” e spera “che la vittoria riporti un po’ di ottimismo in giro da noi”. E perché mai? Pier Silvio Berlusconi, poveretto, compra pagine di giornali per salutare l’ “avventura meravigliosa” sotto il marchio Mediaset. Sallusti vede nell’Oscar a un film coprodotto e distribuito da Medusa la rivincita giudiziaria del padrone pregiudicato (per una storia di creste su film stranieri): “Ci son voluti gli americani, direi il mondo intero, per riconoscere che Mediaset non è l’associazione a delinquere immaginata dai magistrati”. “Oggi – scrive su Repubblica Daniela D’Antonio, moglie giornalista di Sorrentino – ho scoperto di avere tantissimi amici”. Infatti Renzi invita “Paolo per una chiacchierata a tutto campo”. Napolitano sente “l’orgoglio di un certo patriottismo” per un “film che intriga per la rappresentazione dell’oggi”. Contento lui. Alemanno, vaneggia di “investire nella bellezza di Roma e nel suo immenso patrimonio artistico”. Franceschini, ex ministro del governo Letta che diede un’altra sforbiciata al tax credit del cinema, sproloquia di un “Paese che vince quando crede nei suoi talenti” e di “iniezione di fiducia nell’Italia”. Fazio, reduce da un Sanremo di rara bruttezza dedicato alla bellezza, con raccapricciante scenografia color caco marcio, vuole “restituire” e “riparare la grande bellezza”. Il sindaco Marino rende noto di aver “detto a Paolo che lo aspetto a Roma a braccia aperte per festeggiare lui e il film, per il prestigio che ha donato alla nostra città e al nostro Paese”. Ma che film ha visto? È così difficile distinguere un film da una guida turistica di una associazione locale comunale? In realtà, come scrive Stenio Solinas su "Il Giornale" ieri, quello di Sorrentino “è il film più malinconico, decadente e reazionario degli ultimi anni, epitaffio a ciglio asciutto sulla modernità e i suoi disastri”. Il referto medico-legale in forma artistica di un Paese morto di futilità e inutilità, con una classe dirigente di scrittori che non scrivono, intellettuali che non pensano, poeti muti, giornalisti nani, imprenditori da buoncostume, chirurghi da botox, donne di professione “ricche”, cardinali debolucci sulla fede ma fortissimi in culinaria, mafiosi 2.0 che sembrano brave persone, politici inesistenti. Una fauna umanoide disperata e disperante che non crede e non serve a nulla, nessuno fa il suo mestiere, tutti parlano da soli anche in compagnia e passano da una festa all’altra per nascondersi il proprio funerale. Si salva solo chi muore, o fugge in campagna. È un mondo pieno di vuoto che non può permettersi neppure il registro del tragico: infatti rimane nel grottesco. Scambiare il film per un inno al rinascimento di Roma (peraltro sfuggito ai più) o dell’Italia significa non averlo visto o, peggio, non averci capito una mazza. Come se la Romania promuovesse Dracula a eroe nazionale e i film su Nosferatu a spot della rinascita transilvana. Per non sbagliare, stasera, visionerò "Machete", ed il seguito "Machete Kills".</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-81115145585950401782014-03-03T21:22:00.000-08:002014-03-03T21:22:49.758-08:00Tonino La Qualunque<div style="text-align: justify;">
Tonino Gentile aveva ragione: “Io sono trasparente”. Tutto nella sua storia era chiaro e lampante: chi è Gentile, che cos’ha fatto a "L’Ora della Calabria", perché Alfano l’ha voluto sottosegretario e perché Renzi non poteva cacciarlo. Il nostro eroe è un ex craxiano poi berlusconiano ora alfaniano che controlla pacchetti di voti con i soliti metodi e ha sistemato l’intera famiglia nei posti pubblici che contano: il fratello Pino è assessore regionale ai Lavori pubblici; il fratello Raffaele è segretario della Uil; il fratello Claudio è alla Camera di commercio; il figlio Andrea è revisore dell’aeroporto di Lamezia e superconsulente dell’Asl (ora indagato per truffa, falso, abuso e associazione a delinquere: la notizia che non doveva uscire); la figlia Katya era vicesindaca di Cosenza, cacciata per una struttura affidata all’ex marito; la figlia Lory è stata assunta senza bando alla Fincalabra dallo stampatore che poi non ha stampato il giornale. Per tacere di nipoti e cugini, tutti piazzati fra l’Asl, la Camera di commercio e Sviluppo Italia. Al confronto Cetto La Qualunque è un dilettante.</div>
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...</div>
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Il lettore mi scusera': non ce la faccio a continuare. Troppo lo sdegno.</div>
Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-16236729727590026992014-03-03T07:10:00.000-08:002014-03-03T07:10:36.227-08:00Gioventù bevuta<div style="text-align: justify;">
Mi vedo costretto ad approfondire il mio precedente articolo sulla <a href="http://unarticoloalgiorno.blogspot.it/2014/02/neknomination.html" target="_blank">NekNomination</a> di qualche giorno fa. Sperando che chi deve capire (i "due piccolini" che conosco io), capisca. :-) Cercando su wikipedia e leggendo i dati O.N.A. (Osservatorio Nazionale Alcol) esco dati allarmanti e sconfortanti purtroppo.</div>
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Ed è per questo che ora linko un articolo esaustivo di Maria Novella De Luca:</div>
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<a href="http://www.dirittiglobali.it/2014/03/03/ubriachi-da-morire/">http://www.dirittiglobali.it/2014/03/03/ubriachi-da-morire/</a></div>
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Buon lettura.</div>
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Solid Snakehttp://www.blogger.com/profile/17307520204798495475noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3409302512851735036.post-14778284573482611082014-02-28T00:18:00.001-08:002014-02-28T00:18:47.193-08:00Baby squillo a modello ?<div style="text-align: justify;">
L’idea era venuta leggendo i titoli dei giornali sul caso delle baby–squillo dei Parioli: le due minorenni ricevevano i clienti in un appartamento del facoltoso quartiere romano. E così tre ragazze di Ventimiglia hanno pensato che fosse quello il modo per avere qualche soldo extra. Hanno 14 e 15 anni le tre giovani genovesi che davanti ai loro genitori, quando è stato scoperto tutto, non hanno potuto far altro che piangere. Con l’ingenuità tipica di quell’età, avevano iniziato la loro attività un mese fa. Avevano pubblicato su un sito di incontri il loro annuncio, dove vendevano anche delle foto osè. Dal sito attiravano i clienti per poi incontrarli nelle loro auto parcheggiate nei piazzali o zone isolate dell’entro - terra. Finchè non hanno incontrato un trentenne che si è accorto della giovane età ed è andato in questura a Ventimiglia, a sporgere denuncia. “Quando ho visto che era una bambina, mi si è gelato il sangue e sono scappato”, ha dichiarato l’uomo. Anche lui aveva letto l’annuncio su internet ed era andato all’incontro. “Quella ragazzina non l’ho fatta neppure salire in auto”, ha precisato ai poliziotti. Dalla sua denuncia, sono partite le indagini della procura dei minori di Genova e così cinque persone sono finite nel registro degli indagati per sfruttamento della prostituzione minorile. Uno di questi è stato anche arrestato perché durante una perquisizione nella sua abitazione è stata trovata droga. In questo modo le tre studentesse vendevano il loro corpo per trenta o al massimo cinquanta euro. E quando sono state interrogate davanti ai loro genitori in questura sono scoppiate in lacrime. Hanno spiegato che tutto era iniziato per gioco, volevano imitare le due ragazzine romane dei parioli. Forse erano attratte da quella vita raccontata in tanti articoli: la vita di due minorenni che, postituendosi, potevano permettersi tutto, scarpe, trucchi e abbigliamento firmato. E così anche le ragazze di Genova volevano qualche soldo in più oltre la paghetta settimanale. “In che guaio ci siamo cacciate – hanno affermato, dopo un pianto liberatorio – Abbiano sbagliato, non lo faremo più.” Un’altra brutta storia che fa riflettere anche su quello che può essere il rapporto delle giovani donne con il sesso. Ieri sono stati diffusi alcuni dati dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), che spiegano due problemi fondamentali: l’uso dei contraccettivi ormonali tra le giovani donne che è pari al 16,2 per cento (L’Italia è al pari dell’Iraq), e la crescita dell’uso della pillola del giorno dopo per interrompere gravidanze indesiderate. La ricerca spiega quanto l’Italia sia lontana dagli standard dell’Unione Europea in materia di sesso sicuro. In generale il sesso protetto non è la norma nel nostro Paese: ancora oggi 6 donne su 10 in età fertile (15-49 anni) non usano alcun metodo contraccettivo, il 15% non ne ha mai fatto uso e il 44% ha smesso di utilizzarlo. Tanto che una gravidanza su 5 è indesiderata. E questo problema riguarda soprattutto le minorenni. Se la pillola contraccettiva è ancora poco usata(metodo che mi vede contrario solo per gli squilibri ormonali che può provocare, ma è il mio opinabilissimo parere), quella cosiddetta del giorno dopo invece ha conosciuto una crescita vertiginosa, pari al 60 per cento in 7 anni, ponendosi tra i primi cinque farmaci venduti in Italia. “L'età del primo rapporto si è molto abbassata – spiega Novella Russo, ginecologa della Clinica Valle Giulia di Roma – in alcuni casi a 12–13 anni. (..) Alcune credono che con il primo rapporto non si possa rimanere incinta, e amano correre il rischio. Le adolescenti spesso ricorrono alla contraccezione d’emergenza in modo premeditato. Non avendo partner fissi ritengono inutile prendere un contraccettivo ormonale in modo fisso”. E così per riuscire a diffondere la cultura della contraccezione la Società italiana di ginecologia e ostetricia ha presentato la nuova campagna d’informazione sulla contraccezione “Love it! Sesso consapevole”, dedicata proprio alle under 25. Speriamo nella diffusione capillare del suo verbo.</div>
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