giovedì 6 marzo 2014

Il business dei farmaci

Alcuni avranno seguito il nuovo avvicendamento "farmacologico" italiano: la mega-multa, il ricorso "and so on" come dicono gli inglesi. In breve: l’Autorità Antitrust accusa le due multinazionali del farmaco di aver fatto cartello per dividersi i vantaggi dalla vendita di entrambi i farmaci La Novartis possiede poco più del 33 per cento della Roche. Roche e Novartis, entrambe con sede in Svizzera, hanno respinto le accuse (chi l'avrebbe detto mai?) e hanno annunciato che faranno ricorso contro le sanzioni decise dall’Authority per la concorrenza. “Sono accuse infondate”, hanno detto. Non farò disquisizioni sul fatto ( chi mi conosce sa già che le reputo colpevoli) ma do seguito ad una intervista di una paziente qualunque.

Milano — Sono una testimone diretta dello scandalo Avastin-Lucentis e ho vissuto sulla mia pelle la terribile condizione di dover scegliere tra una cura molto costosa ma, mi avevano detto, più sicura ed efficace e una dai costi decisamente inferiori ma dall’esito incerto. Di mezzo c’era la mia vista, afflitta da una malattia che fino a Pasqua del 2010 non sapevo nemmeno cosa fosse: la maculopatia. Fino ad allora i miei problemi con la vista erano stati soltanto quelli “canonici” di una miopia, per quanto piuttosto elevata. La maculopatia non è una patologia che affligge soltanto in età senile, a me infatti è capitata a 40 anni, anche se sono gli anziani, effettivamente, i più colpiti (uno su tre dopo i 75 anni). Nel mio caso si è trattato di una maculopatia del tipo più aggressivo, “umida” in gergo medico, dovuta a una degenerazione miopica. Vedendo molto bene con l’occhio destro, non mi ero accorta subito di quel che stava accadendo all’occhio sinistro e quando mi decisi ad andare al Pronto soccorso Oftalmologico dell’Ospedale Fatebenefratelli, vedevo già un solo decimo, praticamente buio fitto. Mi dissero che era necessario intervenire immediatamente, perché il fattore tempo è fondamentale in questo tipo di maculopatia, nel senso che la malattia corre veloce verso la cecità e anche una settimana può fare la differenza. I medici del Fatebenefratelli mi spiegarono che da una manciata di anni esisteva una cura con un’iniezione intraoculare a base di due farmaci: il Lucentis, specifico per l’occhio e, mi venne detto più efficace e sicuro, e l’Avastin, farmaco nato per curare il tumore al colon, che però era off label, privo cioè dell’autorizzazione del Ministero della salute. La differenza tra i due stava anche nei costi decisamente differenti, 50 volte superiori per il Lucentis. Per operarmi con il Lucentis in una struttura privata avrei dovuto sborsare circa duemila euro. Mi trovai in grave difficoltà nel decidere cosa fare e oltretutto dovevo fare presto. Avevo già perso troppo tempo prezioso e non potevo più aspettare. Andai a chiedere un altro parere a un medico del Punto Raf, struttura del San Raffaele di Milano, dove nel 2002 mi ero operata con il laser per togliere la miopia. Lì un medico, a cui devo oggi il recupero della vista, mi disse che Avastin e Lucentis erano praticamente equivalenti e che anzi Avastin vantava migliori risultati e riscontri clinici anche perché, inizialmente, per 3-4 anni era stato l’unico ad essere utilizzato per le maculopatie in tutto il mondo. E che oltretutto negli Stati Uniti veniva utilizzato il solo Avastin. Disse anche che mi avrebbe operato due giorni dopo in una clinica di Bergamo, convenzionata col Sistema sanitario nazionale. E così feci. Nel giro di poche settimane avevo recuperato già molta vista e dopo qualche mese il mio occhio sinistro vedeva 8 decimi. A me era bastata una sola iniezione di Avastin e lo stesso fu anche due anni dopo quando la maculopatia attaccò l’occhio destro. Io oltretutto avevo un lavoro e una famiglia alle spalle che potevano sostenermi economicamente. Ma mi sono domandata come facessero gli anziani, i più colpiti da questa malattia invalidante, a sopportare i costi delle iniezioni con il Lucentis, considerato, oltretutto, che nel caso degli anziani quasi sempre sono necessarie più iniezioni, addirittura dieci o più, per sperare di vedere un miglioramento. Negare loro l’Avastin significa condannarli alla cecità, un fatto indegno di un sistema sanitario all’avanguardia come il nostro.

2 commenti:

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  2. Il business della farmaceutica, ma anche della sanità per estensione, è uno di quelli che mi disgusta di più, anche perché trascina nel fango tutta quella parte di professionisti che si impegna a fare bene il suo lavoro per rendere migliore la qualità della vita altrui. Ma la cosa più disgustosa è che questo business parte dal presupposto che l'attività economica deve prevalere sul servizio che dovrebbe offrire, e cioè la salute pubblica.
    Come padre, non posso non pensare per esempio alla quantità di denaro che muovono i vaccini per i bambini, tra obbligatori e non. Io non sono un medico, tantomeno uno scienziato, quindi non posso avere la certezza delle mie sensazioni: quello che è certo è che ci sono casi come quello del figlio di Fulvio Ervas (l'autore del libro "se ti abbraccio non aver paura), diventato autistico, parrebbe, a causa di una complicazione generata da un vaccino.
    Ma ancora più semplicemente mi viene in mente mio padre, che al primo colpo di tosse correva nell'armadietto dei farmaci per prendere un cucchiaio dell'efficacissimo Broncaspin, sciroppo per la tosse che fu poi ritirato dal commercio perché, se non ricordo male, pareva fosse cancerogeno.
    Di casi come questi, di farmaci venduti a costi altissimi, o anche a prezzi modici, ma con effetti collaterali spaventosi, chissà quanti ce ne sono, e quanti ne prenderemo senza saperlo.
    Ma più di tutti forse mi viene in mente la serie sugli zombie, The walking dead, che sto seguendo di recente. Certe volte mi viene da pensare che gli zombie esistano davvero. Forse non sono brutti come quelli del telefilm, ma vagano liberi e indistinti nelle nostre strade, mimetizzati, nella speranza di trovare ancora qualche umano, per nutrirsi delle sue carni senza curarsi delle altrui conseguenze.

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