martedì 8 aprile 2014

Renatone

Oggi parliamo del renatone nazionale(è in minuscolo per aiutare il lettore ad indovinare il personaggio).
Renato Zero ? No no... 
Renato Carosone ed il suo "Tu Vuò Fa' L'Americano" sarà l'articolo del giorno ? Io direi di no, siamo lontani.
Renato Pozzetto ? Gran comico, ma vi ho detto che ci stiamo allontanando dalla trebisonda, anche se in quanto a comicità, del nostro Signore X se ne potrebbe discutere.
Vabbè dai, iniziamo l'articolo. 

È un gioco delle parti ormai collaudato nel tempo, dove i ruoli sono codificati così come il peso specifico interno a un partito complesso come Forza Italia. E dove, se si guardano le cose dall’esterno, uno come Renato Brunetta (eccolo qua in nostro eroe, 143cm di aggressività ahimè veneziana) dovrebbe pesare tanto agli occhi dell’ex Cavaliere e, invece, non è nelle sue grazie. Eppure, per suo conto s'impegna quotidianamente a cannoneggiare la Rai, a scrivere il Mattinale che raccoglie il verbo e detta la linea alle truppe e, in ultimo, guida saldamente il gruppo alla Camera da dove lancia ultimatum laceranti su cui, poi, i “colonnelli” costruiscono un asse di trattativa. Un po’ come è successo ieri: parte Brunetta, sfodera la spada contro l’incantevole ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi, sull’approvazione dell'Italicum al Senato, quindi passa la palla all’interno, dove c’è un Verdini già pronto a raccogliere la telefonata della medesima Boschi per capire fino a che punto si può alzare il tiro per non far dimenticare agli elettori che senza Berlusconi non ci saranno mai le “grandi riforme”.
Giornata Nazionale dell’Innovazione 2011
Poi, però, Renzi smonta tutto, lo stropiccia pubblicamente (“non accettiamo ultimatum, men che meno da Brunetta”) e lui, come da tradizione, s’adonta e strepita: “Finirai come le bolle di sapone!!!”. Il copione è sempre questo, la solita storia di ordinaria stizzosità brunettiana, si direbbe, che però tanta parte ha nella strategia mediatica berlusconiana. Per dire: secondo Alessandra Ghisleri, sondaggista della real casa di Arcore, nell’ultimo periodo, uno dei più duri per Forza Italia, in picchiata continua, la cattiveria e l’invettiva brunettiana sono stati fondamentali, salvando il Cavaliere dall’oblio. Brunetta serve perché imperversa. Per ordine diretto di Silvio. La sua determinazione a non lasciare terreno all’avversario lo ha reso un soldato indispensabile della truppa di Silvio. Un episodio che la dice lunga sull’uomo: in aula alla Camera, la presidente Laura Boldrini, annunciandone l’intervento, disse: “Ha la parola il deputato Brunetta”. “Grazie deputata Boldrini – replicò lui, piccato perché non aveva ricordato che era capogruppo –. Lei non mi chiama presidente e io non la chiamo presidente”. È fatto così. E per questo piace ma non al punto da poter essere paragonato a uno Scajola o a un Dell’Utri. E neppure a Verdini. Pesa, insomma, ma non troppo. Conta, certo, ma la rissosità del carattere non lo aiuta. “Renato è Renato”, sostengono con disincanto a San Lorenzo in Lucina, per dire che non sempre la infila giusta, vuoi per eccesso di zelo, vuoi per quella vanità. Per dire: cosa abbia spinto il Cav, a inizio legislatura, a sceglierlo come capogruppo è mistero gaudioso. Dopo la rottura con Giulio Tremonti, Brunetta, approfittando di un momento di grazia del Capo, si sistemò in una suite di Palazzo Grazioli, praticamente all’uscio dell’ex premier. E pare che da quel momento in poi gli abbia rotto le scatole in modo tanto assillante da costringere Berlusconi a concedergli la poltrona. Subito dopo, però, il Cav. si ritrovò sul medesimo uscio mezzo partito che dei modi spicci di Brunetta non ne voleva sentir parlare. Quando nel 2008 era ministro della P.A., trattò i suoi sottoposti come fossero una manica di fannulloni e apostrofò i precari come “l’Italia peggiore”. Una scivolata, quest’ultima, che gli costò cara anche alla corte di Berlusconi. Ma Brunetta è uno che incassa. E striscia. Ad majora.

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