sabato 2 ottobre 2010

La "vittima" ed il "carnefice"

L’effetto è assicurato. Berlusconi è sottotono, spento, sfiduciato? Niente paura. Pigi il tasto ADP e tutto torna a posto. Lui si riaccende, l’adrenalina sale. Ad ogni stoccata di Antonio Di Pietro - “maestro della massoneria” grida - Berlusconi riprende colorito. “Testa della piovra”: petto in fuori, pancia in dentro, si riparte. “Nerone e pidduista”: più quello colpisce, più lui si rianima. Effetto viagra. A guardarli mercoledì dalle tribune, per un attimo si ha l’impressione che siano ancora loro i protagonisti: Berlusconi e Di Pietro, capaci da sempre di alimentarsi a vicenda, indispensabili l’uno all’altro. Stavolta però è, appunto, solo un’impressione. Perché il centro della scena si sta spostando altrove e questo è solo l’ultimo sequel di un film che va in onda da 16 anni. Il fustigatore e l’impenitente. “Imputato Berlusconi”: l’apostrofa ADP. E il premier quasi non ci crede: io vittima, lui carnefice. Come al solito. Se non fosse che stavolta la gag ha un sapore vagamente crepuscolare. Perché entrambi sono invecchiati e finiti politicamente all’angolo nel giro di pochi mesi. L’uno imperatore (momentaneamente) senza impero, appeso allo starnuto di un Calearo qualsiasi e ai voti di Bocchino & Co. L’altro ossessionato dalla difesa del proprio spazio politico dalle mire degli amici di ieri: dei grillini che tra un rock e l’altro si riorganizzano o di Vendola che ogni mattina si sveglia, si autoproclamaleader e invita tutti gli antiberlusconiani del mondo ad abbracciarsi nel nome della “speranza”. Tuttavia, mentre da Berlusconi il colpo di coda devi aspettartelo, perché l’uomo è quello che è e non molla mai la presa, da Di Pietro non sai proprio cosa attenderti. Più su del Quirinale non può sparare e del resto lo ha già fatto. Il Pd - che con l’intervento di Bersani in Aula gli ha dato una lezione di come si fa opposizione - lui lo usa come punchball, tanto che non conviene perdere tempo a ricordagli chi lo ha portato in Parlamento. L’ultimo bersaglio è Fini. Ma come? Il fortino FL è sotto assedio e il campione dell’antiberlusconismo non lo difende? Macché: Fini è complice, deve dimettersi. Caso vuole che sia proprio Di Pietro, nell’orazione più veemente dai tempi di Tangentopoli e dei cappi leghisti, a provocare il solo scambio di sguardi tra il presidente del Consiglio e il presidente della Camera, costretto dal suo rango istituzionale a richiamare l’ex magistrato all’ordine. Segnali. Segnali che arrivano nell’unico momento, dal 1994in poi, in cui mettere fine al berlusconismo è diventato un obiettivo raggiungibile. A patto, però, di saper convogliare su di esso l’unità di tutte le forze interessate davvero al superamento delle infinite degenerazioni berlusconiane. Non ci resta che confidare nell’effetto ADP.Che stavolta sta per “A Dio Piacendo”. E Di Pietro non se ne abbia a male.

Nessun commento:

Posta un commento