mercoledì 8 settembre 2010

Presenza sempre più forte di Tripoli nell'economia italiana

Oggi riporto un articolo dell' "Internazionale" della settimana scorso, che vi ricordo trovate in edicola a 3euro/copia.

Oggi parleremo della presenza sempre più forte di Tripoli nell'economia italiana.
Inziamo quindi :-)

Autostrade, petrolio, calcio, film, elicotteri, treni, televisioni, banche, automobili e persino un hotel di lusso nel centro di Tripoli. Due anni fa Italia e Libia hanno irmato a Bengasi un trattato di amicizia che ha chiuso un lungo e difficile contenzioso coloniale, con solenni ammissioni di colpa da parte di Silvio Berlusconi.
Da allora la Libia è diventata uno dei mercati preferiti per gli investimenti delle grandi aziende italiane. E l’Italia ha permesso all’uomo che Ronald Reagan definì un “cane pazzo” di recuperare quell’autostima che si ottiene solo con i petrodollari. L’accordo tra i due paesi ha permesso all’Italia di rispedire in Libia i migranti intercettati in mare, violando le leggi internazionali che tutelano chi chiede asilo politico. Nel frattempo si sono moltiplicate anche le denunce di torture, ricatti e maltrattamenti subiti dai migranti di passaggio in Libia.
I soci di Nessma tv
L’artefice della riconciliazione fra Tripoli e Roma è stato l’imprenditore francotunisino Tarak Ben Ammar, produttore cinematografico e televisivo, amico di Berlusconi e Gheddafi, socio di entrambi nella casa di produzione e distribuzione Quinta Communications.
La società libica Laitrade ha una quota del 10 per cento di Quinta Communications. La Fininvest, la finanziaria della famiglia Berlusconi, controlla circa il 22 per cento della società. Due anni fa Quinta Communications e Mediaset hanno acquisito ognuna il 25 per cento della tv magrebina Nessma. All’epoca Ben Ammar dichiarò che Nessma era di proprietà sua, di Berlusconi e di due altri soci tunisini. Tuttavia la “premiata ditta Gheddasconi”, come l’ha battezzata il quotidiano la Repubblica, non intende limitarsi alle coproduzioni, e punta molto più in alto. Ben Ammar, già consigliere di Mediaset, è anche socio e consigliere di Telecom e di Mediobanca, nel cui consiglio di amministrazione siede anche Marina Berlusconi. Gli scambi tra Italia e Libia sono cominciati grazie a Cesare Geronzi, presidente delle Assicurazioni Generali, che quand’era a capo della Banca di Roma accolse tra gli azionisti, insieme a Fininvest, un fondo d’investimento libico. La Repubblica ha calcolato che negli ultimi due anni il giro d’afari tra i due paesi ha raggiunto i quaranta miliardi di euro. E il futuro è ancora più promettente. A giugno Gheddai ha promesso che le imprese italiane avranno la priorità su quelle di altri paesi. E la priorità sembra essere corrisposta da Roma: con una quota del 7 per cento il colonnello è il primo azionista di UniCredit, il più grande gruppo bancario italiano, che a sua volta controlla Telecom, Rcs e Assicurazioni Generali. L’Eni, il gigante dell’energia italiano, ha prolungato l’accordo per l’estrazione di petrolio in Libia ino al 2042, e ha annunciato nuovi investimenti per 25 miliardi di dollari. Tra gli ambiziosi progetti previsti dal trattato bilaterale, c’è anche un’autostrada che unirà Tunisi all’Egitto attraverso la Libia. I 1.700 chilometri d’asfalto e la segnaletica saranno “tutti italiani”. Sarà finanziata da Roma, con i cinque miliardi di dollari dovuti come risarcimento per il passato coloniale. Ma allo stesso tempo saranno le imprese italiane a realizzarla.
Soldati con la valigetta
Come sostiene Gheddafi, “gli imprenditori sono i soldati della nostra epoca”. E così la costruzione, nel centro di Tripoli, del lussuoso hotel Al Ghazala è stata affidata al gruppo Trevi. Impregilo(lo stesso vincitore del famigerato appalto del ponte sullo Stretto per intenderci), Selex, Italcementi, Finmeccanica e Ansaldo, insieme ad altre multinazionali italiane, hanno già ricevuto da Tripoli appalti multimilionari. Secondo alcuni, Gheddafi dispone di una liquidità di circa 65 miliardi di dollari, e punta a nuove partecipazioni in Eni, Impregilo, Finmeccanica, Terna e Generali. Come dicevano i latini, pecunia non olet, il denaro non puzza. Per questo il leader libico si permette di dare lezioni sul Corano alle veline berlusconiane e può soddisfare tutti i capricci che alimentano il suo ego.
Secondo il Corriere della Sera, l’ultimo vezzo di Gheddafi è la realizzazione di un’automobile disegnata da lui stesso, affidata alla “Tesco Ts” di Torino. I costruttori del prototipo hanno dichiarato che “durante la realizzazione della vettura, l’équipe tecnica di Tesco ha seguito alla lettera le idee del disegnatore, il Colonnello, per produrre un veicolo perfetto secondo la sua visione”. “Sua maestà” Gheddafi non bada a spese. Le rifiniture della vettura sono in marmo.

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