mercoledì 26 febbraio 2014

Uganda - Italia ?

È partita la caccia alle streghe. Non sono trascorse che poche ore dalla promulgazione della controversa legge che punisce con pene severissime – fino all’ergastolo – i rapporti omosessuali, e già un tabloid scandalistico ugandese, Red Pepper, mette all'indice i “200 top homos” del paese africano. È l’outing della vergogna, non solo perché i gay vedono rivelata la loro condizione sessuale contro la propria volontà ma perché ora, legge alla mano, rischiano di essere esposti a ogni forma di persecuzione e a pesanti conseguenze penali. “Exposed!”, annuncia in prima pagina il quotidiano in tono trionfalistico, quasi avesse realizzato un invidiabile scoop giornalistico. Sotto il titolo, le foto di quattro gay, segnalati come si trattasse di pericolosi criminali. E all’interno, 200 nomi e cognomi, serviti su un vassoio per facilitare il lavoro della polizia del regime di Yoweri Museveni, il satrapo che governa a Kampala da quasi trent’anni. Nella lista compaiono tra gli altri un popolare cantante di hip-hop, un sacerdote cattolico e un conosciuto attivista per i diritti degli omosessuali, Julian Pepe Onziema, che da tempo aveva messo in guardia sui rischi dell’esplosione di un’ondata di violenza anti-gay in vista dell’approvazione della legge repressiva proposta dal governo. Onziema ha ben chiaro in mente un atroce precedente, che fece scandalo in Uganda. Tre anni fa, il 26 gennaio 2011, proprio mentre parlava al telefono con David Kato, come lui militante del movimento Smug (Sexual Minority Uganda), il suo amico venne aggredito in casa e ucciso a colpi di martello.
Pochi giorni prima, Kato aveva vinto in tribunale una causa contro la rivista ormai scomparsa Rolling Stone (niente a che fare con la pubblicazione statunitense) che, proprio come ha fatto ora il tabloid Red Pepper, aveva pubblicato il suo nome insieme a quelli di un altro centinaio di omosessuali. Sotto il macabro titolo “Impiccateli” veniva anche indicato l’indirizzo dei gay ai quali si invitava a dare la caccia. In base al nuovo testo legislativo - che nella bozza iniziale presentata dal deputato del partito di governo National Resistance Movement, David Bahati, prevedeva anche la condanna a morte nei casi di cosiddetta “omosessualità aggravata” - vengono castigate con 14 anni di carcere le relazioni tra persone dello stesso sesso quando ci sia stato un solo rapporto, mentre si prevede la condanna all’ergastolo per relazioni ripetute nel tempo tra adulti consenzienti, o quelle in cui sia coinvolto un minorenne, un disabile o un portatore del virus Hiv. Puniti anche i rapporti sessuali tra donne (“Per il mio presidente, da oggi sono ufficialmente una criminale per il fatto di essere lesbica”, ha dichiarato la fondatrice di Freedom and Roam Uganda, Kasha Jacqueline Nabagesera). La norma considera un delitto anche il non denunciare i casi di omosessualità di cui qualunque cittadino venga a conoscenza. Viene inoltre punita la “propaganda gay” sul modello della legge introdotta di recente in Russia da Vladimir Putin. A nulla è servito il recente avvertimento del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che aveva annunciato che l’approvazione della legge avrebbe “potuto complicare” i rapporti tra i due paesi. Una minaccia confermata in queste ore dal segretario di Stato, John Kerry, che parla di “giorno tragico per l'Uganda” e minaccia di tagliare gli aiuti economici al governo del paese africano. Museveni risponde a muso duro: “Noi non cerchiamo di imporre il nostro punto di vista a nessuno. Ci lascino in pace”.
Serve guardare in casa degli ugandesi per scandalizzarci?  Direi di no, basta ricordare il 2 Novembre 2010, e basterà guardare questo video per capire che in quanto Italiani, siamo imbattibili nelle battaglie "civili". Complimenti a noi.

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